8 marzo – Festa della Donna

.

O meglio, “Giornata internazionale della donna”. E così dovremo sorbettarci i soliti discorsi vuoti, sfilate, magari anche qualche “flash mob”, che fa sempre tanto “in”. Cortei, banalità, ripetute con noia e ascoltate con doppia noia.

E così comunque da dopodomani non cambierà nulla per le donne, costrette a credere che “realizzarsi” voglia dire snaturarsi, che abortire sia un sacro diritto, che addirittura sia d’obbligo essere brutte. Costrette a credere che dedicarsi alla famiglia, ai figli, al marito, sia un’inaccettabile schiavitù. Guardate un po’ le donne che vanno per la maggiore, in politica, nello spettacolo. Si direbbe che la bruttezza sia diventata un valore aggiunto, così come alle donne ormai in età avanzata viene vietato di invecchiare e vediamo signore ultraottantenni trasformate in pagliacci televisivi, alla ricerca di un’eterna giovinezza che si traduce solo in un odierno squallore.

Alle donne è stato insegnato che conservare la propria purezza fino al matrimonio è ridicolo. Anzi, lo stesso matrimonio è ridicolo.

Dal disastro sessantottino in poi, alle donne è sempre più vietato essere donne. Devono essere sfruttate ben bene, ma tutto in nome di una libertà stralunata e di un “progresso” che ha distrutto femminilità e famiglia. E quindi devono essere felici, sorridere come ebeti e continuare ad essere usate e commercializzate.

 

Deo gratias, non sono tutte così.

E proprio perché sono sempre stato – e sono tuttora – un grande ammiratore del gentil sesso, vorrei proporvi due esempi femminili che sempre mi hanno colpito.

.

Primo esempio – Le suore violentate in Congo

.

Congo ex-belga. Anno 1961. Da un anno il Congo era indipendente. Quello sventurato Paese si trovava nel caos politico e amministrativo. Il Belgio gli aveva dato l’indipendenza, ma senza curarsi delle condizioni in cui lasciava l’ex colonia.

Lo scatenarsi di antichi odi tribali fu favorito e fomentato dai cinici interessi di nazioni e gruppi di potere occidentali. Il Congo, ricchissimo di risorse agrarie e minerali faceva gola a molti. Per diversi anni quell’infelice Paese fu teatro di guerre senza esclusioni di colpi tra le varie fazioni politiche e tribali locali, sostenute e rifornite di armi, mentre la popolazione civile pativa la fame e le scorrerie dei vari gruppi armati.

Non è certo qui il luogo per fare la storia dell’infinita guerra civile congolese.

Basti ricordare il sacrificio dei nostri tredici militari dell’Aeronautica, giunti in Congo, a Kindu, in missione di pace e trucidati da soldataglia locale, convinta che essi venissero a fornire armi e appoggio a gruppi rivali. Era l’11 o il 12 novembre 1961. La data precisa dell’eccidio non fu mai stabilita, per il caos nelle comunicazioni e il rimpallo di responsabilità tra le diverse “autorità” locali, che non seppero o non vollero impedire l’eccidio.

In quel terribile clima, avvennero molti episodi di cieca brutalità.

Uno di questi, anni fa, fu ricordato da un bravissimo giornalista cattolico.

In un convento di suore, che continuavano la loro missione in Congo, portando aiuto, spirituale e materiale, a tutti quelli che ne avevano bisogno, fece irruzione un gruppo di armati. Di quale fazione? Non si sa. Si sa che, purtroppo, questi uomini, molti dei quali ubriachi, dopo aver distrutto ciò che potevano distruggere e rubato ciò che ritenevano di valore, violentarono anche gran parte delle religiose. E poi, esaurita la loro furia bestiale, se ne andarono.

Come Dio volle, le suore riuscirono a continuare la loro attività caritativa, né vollero lasciare il Congo. Ben presto si constatò che dodici di esse, tra le vittime di violenza, erano incinte.

Una sola tra loro scelse di abbandonare la vita claustrale. Le altre portarono a termine le loro gravidanze e lasciarono i figli in stato di adottabilità nei Paesi europei dove erano state temporaneamente trasferite per partorire.

Erano spose di Cristo e seppero essere fedeli a quell’Amore così grande, il cui esempio luminoso sono le braccia di Nostro Signore spalancate sulla Croce, in un abbraccio di infinito Amore. Un amore così grande da superare ogni ostacolo, un Amore che solo Nostro Signore ha potuto dare e che solo una donna può imitare, accogliendo in sé stessa il miracolo della vita, anche se l’atto generativo fu brutale e violento.

.

Secondo esempio – breve biografia di Rosalia N.

.

Rosalia N. è morta pochi anni fa, quasi centenaria.

Lombarda, era nata nel 1919, in una famiglia che per l’epoca poteva definirsi se non benestante, perlomeno in grado di vivere decorosamente. L’avevano battezzata Rosalia, per volere della madre, siciliana di origine, devota della Santa.

Era la settima di nove figli. Studiò fino alle Scuole magistrali e per qualche anno fece la maestra.

Aveva ventiquattro anni quando conobbe Andrea T., di tre anni più vecchio di lei. Era un bravo giovane, con un impiego sicuro. Andrea iniziò a frequentare la famiglia di Rosalia e i genitori lo presero in simpatia. Rosalia ne fu molto felice perché, seppur maggiorenne, non avrebbe nemmeno pensato di sposare un uomo che non piacesse ai suoi genitori.

Nei primi quattro anni di matrimonio Rosalia mise al mondo tre bimbi. Lasciò l’insegnamento, perché tre bambini sono un bell’impegno e da allora la sua vita fu fatta di quotidiane cure ai figli e alla casa. Poi negli anni ne nacquero altri quattro e mentre i primi si facevano grandi, ricominciava il lavoro per i più piccoli.

La giornata di Rosalia iniziava presto e si concludeva tardi. La casa, i figli, il marito, che quando tornava dal lavoro aveva ben il diritto a un sorriso e a una cena, assorbivano tutto il suo tempo.

Ma c’erano due momenti nella giornata che non cambiavano e che aveva saputo, con dolcezza, imporre anche ai figli e al marito: la preghiera al mattino appena svegli e la recita del Rosario prima di cena. Ogni giorno, per tutti gli anni della sua vita.

E alla domenica, ci si doveva vestire bene “per rispetto a Gesù” e andare alla Messa. Non si discuteva. Si faceva.

Sette figli, tutti educati alla Fede e al senso del dovere. Con non pochi sacrifici, Rosalia e il marito riuscirono a farli studiare tutti e tutti furono bravi a scuola e poi nel lavoro. Uno di loro, Luigi, entrò in seminario e fu ordinato sacerdote.

Arrivato a ottantatré anni, Andrea, il marito, se ne andò. Un’influenza diventò bronchite e poi polmonite. Lei gli tenne la mano fino all’ultimo, poi recitò una preghiera e da quel momento mise il lutto, per non toglierselo più.

Rosalia era rimasta sola, ma non era mai sola. I figli le avevano dato tanti nipotini e il figlio prete appena poteva, veniva a farle visita. Insomma, la sua casa non era mai vuota e lei aveva sempre un sorriso per tutti e il Rosario sempre stretto tra le dita.

Pian piano la vista le si attenuava e quando morì, nel 2017, era quasi cieca. Ma nessuno la sentì mai lamentarsi.

Ho conosciuto Rosalia N. una decina di anni fa, presentata da comuni amici. Mi accolse cordialmente, mi ringraziò della visita e mi raccontò la storia della sua vita, che ho cercato qui di riassumere.

Quando seppi della sua morte, pensai subito che andava Lassù, a raccogliere i frutti meritati di tutto il bene che aveva fatto.

Era una donna semplice, alquanto schiva, che aveva fatto della sua vita un capolavoro. Un capolavoro di Amore, da scriversi sempre con la “A” maiuscola. Una donna meravigliosa.

Condividi questo articolo:

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Print

Lascia un commento:

7 commenti su “8 marzo – Festa della Donna”

  1. L'ANTICOMUNISTA

    Ma lo sapete come è nata la festa dell’8 marzo? Più che una festa fu una vera tragedia: più di cent’anni fa, in America, vi fu incendio in una fabbrica dove morirono più di cento operaie tutte donne. I loro corpi carbonizzati furono portati fuori della fabbrica all’aperto e vennero ricoperti con la mimosa che fioriva nelle vicinanze….era l’8 marzo del 1911 (mi pare) a New York.Fu questo fatto che legò insieme questa data, la donna e la mimosa.

    1. Qui c’è un po’ di confusione…
      Parliamo di mimose. E’ un uso solamente italiano quello di regalare mimose all’8 marzo. Un uso introdotto da Rita Montagnana e da altre due donne comuniste (non ricordo ora i nomi). Il motivo lo spiegò la stessa Montagnana: la mimosa fiorisce ai primi di marzo ed è un fiore facile da trovare e quindi economico. Tutto qui. Rita Montagnana fu deputato per il PCI alla Costituente e poi alla Camera. Moglie di Togliatti, fu poi abbandonata dal “migliore” quando questi si invaghì di Nilde Jotti.
      L’origine della “Festa” si fa risalire per lo più alle proteste femminili di piazza del 1917 in Russia, al tramonto del regime zarista. All’inizio degli anni venti del secolo scorso la festa si andò diffondendo in diversi Paesi occidentali, soprattutto ad opera dei locali partiti socialista e comunista.

      1. Quanto alla vicenda dell’incendio, proprio la propaganda comunista inventò un incendio in una inesistente fabbrica “Cotton” di New York, nel quale avrebbero trovato la morte oltre cento operaie. Forse si ispirarono a un incendio avvenuto realmente nel 1911 in una fabbrica di New York, nel quale morirono 146 lavoratori, di cui 123 donne, essendo una fabbrica in cui la manodopera femminile era in maggioranza. Comunque la “Festa” andò nel dimenticatoio per lunghi anni. In Italia nel dopoguerra fu riesumata dal Partito Comunista. Solo nel 1977 l’ONU approvò una risoluzione con la quale si fissava all’8 marzo la “Giornata internazionale della donna”. La festa fu da subito sponsorizzata da sinistra, con propaganda abortista e femminista, contro le tradizionali istituzioni familiari.

  2. L’8 marzo di tanti anni fa fui invitata ad una cena fra donne da una tale signora cui non potevo dire di no. Fu la cena più indigesta della mia vita, non solamente perché da sola al ristorante senza mio marito (cosa mai avvenuta), ma per l’insulsa situazione in cui ero venuta a trovarmi, pesce fuori d’acqua fra una dozzina di galline in lieto starnazzare perché libere da fardelli maschili.

  3. Che articolo, caro Direttore! Scritto col cuore e con una saggezza d’altri tempi difficile da trovare nelle pagine dell’odierna modernità. Basterebbe la commozione suscitata dai racconti esemplari delle povere suore e della signora Rosalia per rendersi conto che sono queste le donne da festeggiare e da onorare, ma non nella ridicola data dell’8 marzo, bensì sempre. Perché sono proprio loro a corrispondere al meraviglioso progetto divino che ha concesso loro un privilegio unico di bellezza e d’amore che ormai gran parte di esse non riconosce più e anzi rifiuta, arrivando persino all’estremo sacrilegio dell’uccisione del proprio figlio in nome di non si sa quali diritti.
    Che la Madonna, Donna purissima e senza macchia e Madre amorosa, le aiuti ad uscire dalla terribile prigione in cui le sataniche ideologie le hanno rinchiuse.

I commenti sono chiusi.

Iscriviti alla nostra newsletter

Ogni settimana riceverai i nostri aggiornamenti e nulla di più.

Torna in alto