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Guardiamoci intorno e troveremo sempre un gesuita laddove si esalta il nuovo corso del mondo e dove si corre più avanti verso l’abisso della dissoluzione

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Vorrei riprendere, con voi che mi leggete, la riflessione sullo sbandamento della Compagnia di Gesù che, ai nostri giorni, è pervenuta ad una vera e propria apostasia dalla dottrina ancorata alla Tradizione e al Magistero della Chiesa Cattolica Romana. Nell’ultimo intervento avevo concluso che la Compagnia di Gesù si era gradualmente trasformata in una vera e propria setta, giacché è pervenuta a contrapporsi alla Chiesa tradizionale inseguendo e sposando le idee che oggi prevalgono nel mondo, non soltanto in Occidente ma anche in paesi che dall’Occidente hanno ereditato ideologie e programmi.

Lo sbandamento dottrinale e, di conseguenza, anche morale della Compagnia di Gesù era cominciato prima del Concilio Vaticano II ma con esso  e grazie ad esso ha acquisito maggior seguito e autorità sfruttando alcune affermazioni teologiche inserite negli stessi decreti conciliari su proposta di teologi gesuiti o di altro ordine ma comunque progressisti e approvate da maggioranze sfiancate da lunghi e sofferti dibattiti e tutto ciò nonostante una forte resistenza posta in atto dai padri che le contestavano e che erano ancora la maggioranza.

Mi riferisco principalmente ad una di queste affermazioni e, precisamente, a quella contenuta nel paragrafo n.22 della Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, laddove vien detto che  “Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in qualche modo ad ogni uomo”. Questa proposizione è quanto mai ambigua e vaga, prestandosi ad interpretazioni inevitabilmente portate a convergere con la tesi luterana che la salvezza è opera esclusiva del Cristo e che l’apporto dell’uomo è illusorio.

Analizziamo approfonditamente questa proposizione. Che cosa può voler significare la frase che Dio si sarebbe unito in qualche modo ad ogni uomo? Attenendoci  rigorosamente alla lettera, chi legge è portato a dedurre che sia il Figlio di Dio a unirsi in qualche modo all’uomo, anzi ad ogni uomo. Ma unirsi come? Non certo con un’ incarnazione come quella che il Figlio di Dio attuò con il concepimento nel grembo verginale di Maria. Non può che trattarsi, di conseguenza, di una sorta di incarnazione simbolica e non certo spirituale, giacché per essere spirituale occorrerebbe il consenso e la corrispondenza dell’Uomo, insomma ci troviamo di fronte ad una sorta di Grazia particolare e sui generis che resta però completamente nell’iniziativa del Figlio di Dio, senza alcun intervento da parte della persona umana. Insomma una Grazia che benefica ogni uomo, per di più a sua insaputa, quasi si trattasse di una nuova medicina spirituale che viene dispensata all’umanità come una disinfestazione per irrorazione, una benedizione super omnes.   Intesa in tal modo questa sorta indefinita e vaga di incarnazione non è che l’equivalente della tesi di Lutero che la sola Fede in Cristo è causa di salvezza e che inefficace resta l’opera dell’Uomo schiacciato dal peso del peccato e impossibilitato per la forza di esso a risollevarsi e purificarsi.

L’incarnazione del Figlio di Dio pertanto si trasferirebbe in un certo qual indefinito modo dalla Vergine Maria ad ogni essere umano, come una Grazia santificante che lo libera dai lacci del peccato e lo rende degno della eterna salvezza, quale che sia la sua condotta personale. Questa incarnazione proposta da Rahner non è che una variante , peraltro speculare, della tesi di Lutero. Equivalenza ma non eguaglianza però. Infatti la proposizione conciliare va molto oltre la tesi di Lutero.

Per Lutero infatti l’efficacia dell’incarnazione presuppone la fede nel Cristo figlio di Dio, mentre per Rahner l’efficacia si trasmette a qualsiasi essere umano. Il testo ufficiale in lingua latina della proposizione conciliare recita infatti: “Ipse enim filius Dei, incarnazione sua cum omni homine quodammodo se univit”. Questa grazia si trasferisce ad ogni uomo quale che sia la sua fede, al limite anche per coloro che professano  fede nel Demonio.  Questa implicazione non resta però isolata nel Concilio Vaticano II. Con altre finalità essa emerge in Lumen Gentium 16, ove è affermato che il disegno di salvezza abbraccia coloro che  riconoscono il Creatore, come i Mussulmani. Sempre nello stesso brano di Lumen Gentium si afferma che Dio non è neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nei fantasmi, negli idoli, giacché Egli, come Salvatore, vuole che tutti gli uomini si salvino. Che la misericordia di Dio si estenda anche su coloro che, in buona fede e del tutto ignari del messaggio evangelico, credono in un’entità divina che sovrasta l’uomo e lo custodisce nel Creato, non è ripudiata dal Cattolicesimo Romano della Tradizione e non confligge con la ragione. A Dio nulla è impossibile, proprio perché è Dio e l’affermazione evangelica del Cristo di essere soltanto Lui la porta stretta attraverso la quale accedere alla salvezza non è in contraddizione con la fede del cristiano nella Sua onnipotenza, giacché fu Gesù stesso ad affermare che  tutto è possibile a Dio (Matteo, 19.24). Soltanto Chi ha la padronanza dell’Essere ha anche quella della perfetta Giustizia e della perfetta Misericordia.

Ciò detto cerchiamo di intuire il percorso mentale attraverso il quale Rahner e chi lo seguì arrivò a quella proposizione che definire rivoluzionaria è riduttivo.

L’Incarnazione è un atto che soltanto chi ha la padronanza dell’essere può attuare. In altri termini è un atto che è nell’assoluta ed esclusiva padronanza del Creatore e non di altri. E’ vero che l’espressione conciliare ha adottato non il termine incarnato ma il più generico unito che può significare sia l’unione di due eguaglianze sia l’unione di entità tra loro differenti, ma questa unione, data la libertà dell’Uomo, non può essere  un’azione unilaterale dell’ incarnato Gesù, ma esige l’indispensabile partecipazione della persona.

In sintesi, questa unione di Dio con l’uomo esiste da ben duemila anni nella Chiesa ed è l’offerta che Dio fa all’uomo con l’Eucaristia. Questa  unione esige, in primis, la fede in Gesù Cristo e contemporaneamente la situazione di purezza fisica e spirituale di chi accetta questo dono incommensurabile, il dono di un Dio che si dona col Suo  Spirito e il Suo corpo alla creatura malata per darle vigore e forza contro l’azione sempre presente del maligno e in sostegno alla debolezza della carne.

Ecco che cosa è l’Eucaristia: un farmaco straordinario e non reperibile in natura per la creatura umana. Un farmaco che è spirituale e carnale allo stesso tempo, un farmaco che è sostegno potente contro l’azione sempre presente del maligno e contro la concupiscenza che è connaturata all’uomo corrotto dal peccato originale. Questa unione non è però un’incarnazione. Dio non si incarna nella creatura malata irreparabilmente nella sua natura. La soccorre ma non si incarna in essa , perche se ciò avvenisse anche Dio sarebbe in qualche modo infettato dalla sostanza malata della creatura. Dio si dona ma non si immedesima nella natura. La natura dell’uomo resta quella che è e beneficia dell’ingresso in essa della potenza del  suo Creatore che le resta pur sempre al di sopra e inimmedesimabile. Il male sfiora Dio ma non riesce mai ad intaccarLo, anzi fugge di fronte a Lui per propria naturale ripulsa.

Completamente diversa fu la situazione dell’incarnazione di Dio nella Vergine Maria. Diversa, perché Maria era stata creata immune dal peccato originale ed  aveva quindi una natura con un corpo perfettamente adeguato ad ospitare nel suo grembo il Creatore. Maria aveva la stessa carne che aveva il progenitore Adamo, un carne integra, immune da qualsiasi contagio genetico, una purezza che la preservava dalla morte e dalla conseguente dissoluzione del suo corpo. Era la natura di Maria ad essere compatibile con l’Essenza di Dio. Dio incarnandosi in Maria trovava la stessa situazione, diciamo così ambientale, di quella Sua abituale. L’unione intima di Dio con la creatura Maria è qualcosa di assolutamente inesplicabile per la natura umana. Tutta la persona di Maria doveva essere un paradiso se Dio la trovò consona a divenire Suo tempio.  La grandezza di Maria sta in questo mistero cui l’orgoglio di Lutero e degli altri eresiarchi che lo precedettero voltarono sdegnosamente le spalle perdendo, con la loro ribellione, la possibilità di essere sostenuti nella loro ricerca della Verità.

Considerando attentamente il significato della immacolatezza di Maria ci accorgiamo che la sua assunzione  non fu un premio per la sua vita immune dal peccato, ma fu soprattutto l’inevitabile conseguenza del fatto che  la sua immunità era connaturata alla sua persona. Quella immunità costituiva un vero e proprio diritto di potersi presentare a Dio con l’anima e con tutto il suo corpo.  L’assunzione a Dio non era un premio per lei ma un vero e proprio diritto di natura e di stato. Caso unico nell’Universo? Unico per il genere umano ma non certo per l’Universo. 

Tante volte ho pensato che anche gli Angeli siano passati per una prova prima del loro accesso alla visione beatifica di Dio. Anche essi dovettero passare per un’esistenza priva della visione di Dio, perché se avessero sin dalla loro prima esistenza potuto beneficiare della presenza di Dio si sarebbero già trovati in Paradiso. Anche per loro dovette trascorrere la fase dell’assenza della visione di Dio, giacché chi la ha non ha più alcun bisogno di altro e, soprattutto, è al sicuro da ogni possibile opposizione e presa di distanza da Dio.  Un essere può contrapporsi e sfidare Dio soltanto se non lo conosce, poiché una volta conosciutoLo  egli è beato e riconosce la propria pochezza di fronte all’eterna  e perfetta sapienza. Anche gli Angeli dovettero pertanto passare per un periodo di prova e senza la rassicurante visione di Dio. Sono forse gli Angeli da identificare in quelle sterminate processioni cui accenna la Sacra Scrittura, Potestà, Troni, Dominazioni, Principati, Serafini, Arcangeli ed Angeli? Un mistero  cui, forse, soltanto la attesa rivelazione dei Figli di Dio cui accenna San Paolo (Rm. 8.19) potrà darci la risposta.

Un’ultima considerazione ci rassicura che l’incarnazione del figlio di Dio nel grembo della Vergine Maria costituisce un caso unico per il fatto che riguarda proprio Dio ma, come metodo, non dovette essere  unico nella storia dell’Universo. Questa incarnazione del figlio di Dio in una Vergine Immacolata da ogni tara materiale e spirituale costituisce però un paradigma per interpretare la nascita del primo uomo sulla terra. Dio per creare un nuovo essere si serve sempre di ciò che ha in precedenza creato. Dio non è un prestigiatore ma agisce secondo logica e secondo sapiente prudenza, mai sfidando le leggi da Egli stesso prefissate e con le quali governa l’Universo. Che Dio si sia servito per la creazione dell’Uomo (anzi, precisiamo, del primo figlio di Dio) di una femmina di una specie già esistente e per molti aspetti  vicina geneticamente alla creatura che sarebbe nata, è molto probabile. Tuttavia non dobbiamo pensare necessariamente ad un rapporto sessuale fra questa femmina e un maschio della sua specie, poiché  l’atto creativo vero e proprio, in questo caso, dovette concernere la creazione di un gamete maschile completamente nuovo nel grembo di quella femmina e  contemporaneamente la trasformazione dell’ovulo femminile sconvolgendone il  DNA e il genoma  con dei cromosomi  predefiniti e appartenenti alla nuova specie che sarebbe nata.  E nacque così il primo uomo, l’Adamo della Sacra Scrittura. Per creare una nuova creatura (cioè ogni animale),  Dio interviene sulle particelle infinitesimali della prescelta madre (cioè le cellule della riproduzione e in particolare i cromosomi), destinata ad essere anello di congiunzione fra due specie,  per modificarne i cromosomi e quindi il genoma e il conseguente DNA. In questa femmina speciale  Dio inocula, in un modo che è noto a Lui solo, il gamete maschile della nuova specie affinché venga al mondo il primo esemplare maschio della nuova specie, perfetto e completo in ogni suo organo e, successivamente, avverrà la stessa procedura per mettere al mondo anche la prima femmina dando alla nuova specie la possibilità di riprodursi. Le nuove specie vengono al mondo già belle e compiute in ogni loro organo  e non come mostriciattoli che dovranno evolversi di generazione in generazione per divenire perfetti. NO! Le nuove specie nascono perfette, come lo fu Adamo e, mutatis mutandis, come lo fu lo stesso Gesù Cristo, paradigma chiaro e illuminante per l’incredulo mondo della Scienza.

Il peccato originale di Adamo dovette, con molta probabilità, concernere la riproduzione, poiché subito dopo la descrizione della nascita della prima coppia, la Sacra Scrittura ci presenta due diverse specie, quella dei Figli di Dio e quella dei figli dell’Uomo, precisando poi che I figli di Dio si scelsero le più belle dei figli dell’uomo, cioè più affini e vicine alla loro specie di quanto lo fossero la maggioranza delle altre femmine dei figli dell’uomo (Gen.6,1). La Sacra Scrittura narra poi che “quando i figli di Dio s’accostarono alle figliuole dell’uomo e queste partorirono loro dei figli che sono “i famosi  eroi dell’antichità”, la Sacra Scrittura definisce questi eroi “Giganti”   e che furono famosi nelle storie antiche, peraltro a noi ignote, salvo i miti sia orientali che greco-latini

La scelta delle femmine più belle da prendere come concubine o mogli da parte dei figli di Dio ci fa capire che tra questi e i figli dell’uomo doveva esserci una differenza sostanziale, una differenza tale che ci porta e a dedurre che i figli dell’uomo fossero in condizioni di netta inferiorità sia fisica che intellettuale rispetto ai figli di Dio. Differenza che sfocerà in seguito in lotte spietate  fra le due razze o specie quando i figli dell’uomo, guidati da capi maturati fisicamente e intellettualmente, prenderanno il comando della loro specie, quella di Caino come ci lascia intendere Lamec col suo grido di sfida “Caino sarà vendicato sette volte ma Lamec settanta volte” (Gen. 4,24).

Queste lotte accompagnate probabilmente da immani catastrofi naturali porteranno alla scomparsa dei figli di Dio e alla corruzione dei figli dell’uomo a causa di connubi sempre più bestiali “inducendo”  Dio alla purificazione del Diluvio Universale.

Ma non è di questo che volevo parlare e che mi è servito soltanto per spiegare che la corruzione della natura umana è talmente radicata e profonda da essere dominante sulla nostra ragione e talmente forte è la concupiscenza derivante dall’ibridazione animalesca della nostra specie che lo stesso Lutero arrivò al punto di negare l’efficacia della Grazia divina sulla concupiscenza, tanto è virulento e  oppressivo l’istinto sessuale. Un istinto che ci accomuna alle bestie e che originariamente non era nell’uomo e che fu inoculato dalla superbia e dalla temerarietà di Adamo con lo sfidare la legge di Dio nonostante gli ammonimenti avuti.

Poteva il Figlio di Dio, Gesù Cristo, nascere in un corpo irreparabilmente ammorbato da un veleno che era e lo è tuttora nel nostro DNA? La Previdenza divina aveva già scelto la Vergine Maria dal tempo dei tempi e la donò all’Umanità alla maturazione dei tempi per farne il Tempio dell’Uomo-Dio Gesù Cristo.

Maria fu il nuovo Adamo? Non direi. Maria fu la nuova femmina perfettamente degna di divenire grembo del nuovo Adamo inviato dalla Trinità Divina per salvare il suo capolavoro, l’uomo. Maria fu la femmina necessaria per ricreare l’Uomo che Adamo aveva mutilato nella sua natura. Fu Gesù Cristo, col suo sacrificio, a distruggere la morte inoculata nella natura umana col peccato d’origine e ben lo esprimeva la Chiesa di Roma con quel suo mirabile prefazio pasquale affermando del Cristo: “Qui mortem nostram moriendo destruxit et vitam resurgendo reparavit”.  Con queste poche parole la Chiesa di Roma aveva espresso mirabilmente il significato del riscatto della nostra natura pagato dal nostro Redentore. La morte veniva dal Cristo distrutta nella carne, la parte della nostra natura resa guasta e inguaribile dalla violazione del progenitore, la parte caduca che andava rifatta ex novo, riparata con nuovi ricambi preparati per ogni essere umano dal sangue di Cristo. Ricambi che arriveranno a destinazione nel Giudizio finale. Per nostra buona sorte la Chiesa di Roma rievoca quel Sacrificio ogni momento del giorno con le Sante Messe che vengono celebrate nel globo. Un sacrificio che in ogni istante si ripete nel globo con quelle poche parole che costituiscono il canone fondamentale della Santa Messa e della nostra fede.

Per questo scritto mi sono avvalso delle rivelazioni private fatte da Gesù stesso a Maria Valtorta in più punti sia dell’opera principale “L’Evangelo così come m’è stato rivelato”, sia nei cosiddetti “Quaderni “ (in realtà sono quattro volumi di differente spessore) ove Gesù rivela per il mondo degli anni duemila quanto è necessario conoscere per non restare schiavi delle disinformazioni che vengono diffuse da chi si serve delle scoperte scientifiche per demolire il Cristianesimo e la sua civiltà.

Mi sono avvalso inoltre della rivelazione che Dio ha concesso ad un modesto sacerdote della provincia di Belluno. Un sacerdote mite e remissivo, forse anche troppo, studioso e semplice, aperto alle scoperte scientifiche che voleva approfondire per trovare il punto di contatto con la Sacra Scrittura. Convinto della bontà delle rivelazioni che riceveva, volle diffonderle all’interno della sua diocesi trovando sempre derisione e ostilità. Nonostante le contrarietà riuscì a diffondere la rivelazione avuta ad una cerchia di fedeli che ora si sta ingrandendo sempre più, toccando anche uomini di scienza, specialmente fra i microbiologi che trovano estremamente illuminante la rivelazione e perfettamente compatibile e spiegabile con le ultime conquiste scientifiche. Questo sacerdote è Don Guido Bortoluzzi, le cui spoglie mortali riposano nel cimitero di Farra d’Alpago, ridente località posta sulle rive del lago alpino di Santa Croce, il secondo lago del Veneto per estensione. La sua tomba  è meta di numerose visite di chi vi si reca per dirgli grazie.

E i Gesuiti che c’entrano con questa digressione sul peccato originale e sulle sue conseguenze?

C’entrano eccome! Non sono forse loro, che con il silente e complice silenzio della sede petrina, offrono ospitalità e accoglienza ai vizi più deprecabili della natura umana e che  hanno aperto le porte e le braccia per accogliere chi è nel peccato e vuole restarci pretendendo il perdono di Dio senza alcun pentimento e senza alcuna considerazione per lo scandalo che diffondono? Non sono forse loro che, corifei della nuova Chiesa, aprono le porte all’invasione  mussulmana dell’Occidente perché anche loro adorano lo stesso Dio (e ciò non è assolutamente vero!) e che ora benedicono l’ingresso del culto sciamanico amazzonico considerato anche esso  permesso e voluto da Dio? Guardiamoci intorno e troveremo sempre un gesuita laddove si esalta il nuovo corso del mondo e dove si corre più avanti verso l’abisso della dissoluzione. La Compagnia di Gesù ha voltato le spalle a Colui per il quale morirono migliaia di santi suoi compagni nei secoli passati e che ora assistono oranti dal cielo alla apostasia dei loro fratelli. Un’ apostasia che li vede ora a braccetto con coloro cui si opposero con eroismo e fervore cinquecento anni fa,arrivando persino a celebrare con gli eredi di Lutero e compagni  il novus ordo missae, ormai compatibile ad entrambe le due fedi. I gesuiti sono inoltre i corifei  della Chiesa in uscita, anzi in libera uscita, a fianco del mondo laico e delle forze che lo  sostengon, tutte votate al Maligno. Che Dio li illumini prima di precipitare nel baratro che ancora non vedono in fondo a quella via. Preghiamo anche noi per la Compagnia di Gesù

Sia lodato Gesù Cristo.

 

Anonimus (stanco ma non domo)

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1 commento su “Ancora sui Gesuiti”

  1. DIO E’ CREATORE E NON DEVE UBBIDIRE A NESSUNA LEGGE CONCEPITA DA NOI. LA BIBBIA DEVE ESSERE INTERPRETATA COME LO FU DAI PADRI DELLA CHIESA E DALLA CHIESA.

I commenti sono chiusi.

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