Di regola, non leggo i libri storici o parastorici che trattano del fascismo. A parte il fatto che i loro autori appartengono per lo più alla categoria dei salvatori di capra e cavoli, rifiutando i termini reali del dramma politico, non credo alla validità d’una attuale storiografia su tale argomento, neanche se reca la firma di un Renzo De Felice. Ciò a motivo del fatto che esiste una legge (20 giu. 1952) la quale vieta e sancisce, tra l’altro, l’apologia del fascismo. L’applicazione della legge è stata oggetto di differenti sentenze assolutorie o di condanna, tuttavia sussiste un oggettivo condizionamento legale, nonché inerente ai pregiudizi culturali instillati nella pubblica opinione, inerente ad atti intimidatori e vessatori, spesso tollerati dalle autorità, provenienti da antifascisti di vario genere. Talché nessuno è libero di rappresentare obiettivamente il trascorso regime mussoliniano, e neppure un regime analogo della storia, né di trattare un’ipotetica soluzione politica di tipo fascista.

È pur vero che si è scritto e parlato a difesa del fascismo, anche contrapponendolo alla democrazia, ma se, a differenza dei regimi totalitari, le democrazie tollerano questi fenomeni, nella sostanza il bando imposto alle idee contrarie ad esse è lo stesso praticato dall’autoritarismo. Infatti non appena tali idee contrarie esorbitano da una cerchia ristretta di aderenti e di lettori, la sanzione piove sull’opposizione troppo radicale e in qualche maniera la debella.

Alcune sere fa, assistendo alla trasmissione di prima serata della Rai I soliti ignoti, ivi è comparso Bruno Vespa. Il conduttore Amadeus gli è andato incontro esibendo il libro intitolato Perché l’Italia diventò fascista (e perché il fascismo non può tornare) sfornato al Vespa, come suole fare periodicamente con saggi, per i quali si prevede di riscuotere l’interesse del pubblico secondo la sua contingente disposizione.

La pubblicità resa da Amadeus all’opera dell’autore (mostro sacro della Rai alla direzione di convegni politici e su fatti di cronaca) fa parte del malcostume diffuso, probabilmente piuttosto mal digerito, da quando molta gente si è risvegliata critica o contraria verso il sistema.

Ora, Amadeus ha dato un’imbeccata all’esimio ospite-partecipante al gioco televisivo, e costui ha espresso davanti a milioni di spettatori due suoi giudizi, destinati ad essere di preminente importanza.

La prima osservazione ha riguardato il modo con cui il fascismo andò al potere. Ebbene, ciò sarebbe avvenuto grazie al concorso di parecchie grandi personalità democratiche di vario colore, incluso Benedetto Croce. Il disordine anche cruento che imperversava nel Bel Paese li avrebbe indotti a quella scelta, contando sul risanamento della situazione sociale operato mediante un provvisorio intervento dell’uomo forte. Sennonché l’uomo forte divenne dittatore. Ma il dato principale della questione, Vespa non l’ha rivelato. Gli assai machiavellici personaggi della politica e delle scienze umane sbagliarono i conti in quanto previdero che la massoneria avrebbe prevalso nel fascismo, estromettendone l’autocrate che non fosse massone.

Il secondo giudizio Vespa lo ha espresso dicendo che il fascismo non può tornare perché il popolo si è abituato alla democrazia e non vorrebbe abbandonarla. Evidentemente egli si riferiva, anziché ad una impossibile riedizione del Ventennio, a qualcosa di simile, avente un altro capo e adattata ai tempi.

Ebbene, il padrone della trasmissione Porta a porta ha emesso una sentenza temeraria, nonché conformista. Già altri opinionisti prudenti, affacciati alla finestra della tivù, hanno escluso che la grande percentuale (statisticamente rilevata) di favorevoli all’avvento dell’uomo forte non volesse uno che prendesse in mano le redini dello Stato, ma un capo democratico, un leader rispettoso delle libertà costituzionali e dei diritti umani anche fasulli. Qualcuno però ha fatto notare (oltre a un Papini, negli anni Cinquanta, a proposito della nostra Storia Patria) che gli italiani hanno un debole per il capopopolo: propensione manifestata, forse un po’ timidamente, col favore reso a Bettino Craxi e a Silvio Berlusconi, in ultimo a Renzi e Salvini. Sicché quale palla di cristallo possiede Vespa per vedere che l’adattamento degli italiani al pessimo regime attuale, non sia semplicemente perché manca il capopopolo forte e persuasivo, disposto ad assumere il potere?

Condividi questo articolo:

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Print

Lascia un commento:

3 commenti su “Bruno Vespa e il Fascismo”

  1. Gaetano Fratangelo

    A seguito del recente sondaggio ove è stata espressa la volontà popolare di un uomo forte, il regime ha sguinzagliato Bruno Vespa assegnandogli un compito: demolire il convincimento dell’uomo forte essendoci ormai l’ “abitudine alla democrazia”! Il messaggio è, quindi, di non votare la destra che è antidemocratica. D’altronde la frase di Vespa ” il fascismo non può tornare” va tradotto in “Salvini non deve tornare”. C’è, ormai, un nuovo fascismo che si ammanta di antifascismo, come fosse una legge morale, in modo da legittimare ogni sopruso sui popoli e sugli Stati sovrani.

  2. Carla D'Agostino Ungaretti

    Dire che gli italiani sono ormai abituati alla democrazia mi sembra un’affermazione molto ingenua. Basta attenersi ai fatti di cronaca che si verificano continuamente negli stadi, nelle piazze, nello stesso parlamento quando i nostri “rappresentanti” (eletti da noi da noi stessi …) si comportano peggio degli animali, ai quali chiedo scusa per il paragone. Il problema è educativo, ma la scuola e la famiglia non sembrano più capaci di risolverlo.

I commenti sono chiusi.

Iscriviti alla nostra newsletter

Ogni settimana riceverai i nostri aggiornamenti e nulla di più.

Torna in alto