Catastrofe climatica o bufala gretina? / terza e ultima parte

 

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Venerdì 20 novembre 2009 oltre 1.000 mail e circa 3.500 documenti riservati vennero immessi in rete attraverso un sito russo. Si tratta di mail private, in cui gli “studiosi” dello Hadley Centre dell’università dell’East Anglia ed altri consimili tromboni si scambiavano opinioni e giudizi. Lo stesso Hadley Centre non smentisce l’autenticità di gran parte del materiale. E bravi climatologi del prestigiosissimo centro di ricerca climatica dell’università dell’East Anglia, una delle più prestigiose d’Inghilterra, pescati da un gruppo di hacker ad imbrogliare proprio alla vigilia di un paludato congresso che doveva svolgersi a Copenaghen. Gli illustri “scienziati” si scambiavano e-mail per consigliarsi su come truccare i dati sul cambiamento climatico, per meglio agitare lo spauracchio del riscaldamento globale “provocato dall’uomo”.

Lo scandalo, ben presto noto col significativo nome di “Climagate”, per analogia con lo scandalo del Watergate che causò le dimissioni del presidente americano Richard Nixon, ha spinto l’università dell’East Anglia a pubblicare subito tutti i dati relativi al lavoro dei suoi climatologi, a garanzia che non potessero venire alterati. Questa disponibilità non è bastata a fugare i sospetti. Lo scandalo era noto in tutto il mondo attraverso il web, e le Nazioni Unite sono state costrette ad aprire un’inchiesta sul caso, che, chissà perché, si è ben presto insabbiata. L’argomento non ha tardato a scomparire dai mass media, i quali hanno continuato a martellare le teste della gente sui “pericoli” del cambiamento climatico. A livello popolare, lo scandalo è ormai dimenticato, come tanti altri fallimenti e figuracce dei talebani ambientalisti.

Il direttore dell’unità di ricerca climatica dell’ateneo inglese, Phil Jones, ha smentito ogni ipotesi di alterazione dei dati sul clima, e in sua difesa si sono mossi alcuni illustri docenti americani, come il professor Michael Mann, direttore dell’Earth System Science Center della Pennsylvania, destinatario di alcune delle e-mail incriminate, e quindi coinvolto in prima persona nello scandalo, il quale ha dichiarato: “Ritengo che tutto il caso sia opera di scettici che intendono distrarre l’opinione pubblica con delle notizie a effetto come questa. E non è un caso che la conferenza di Copenaghen sia programmata per la prossima settimana. Tutti i nostri sforzi potrebbero venir vanificati e siamo preoccupati per questo”. È da ammirare la vecchia tecnica di dirsi scandalizzati e preoccupati per l’attacco, senza peraltro dare alcuna risposta alle accuse o spiegazioni di alcun genere.

La faccia di bronzo dei talebani ambientalisti non riesce tuttavia ad ottenere la vittoria totale. Molti sono gli scettici che ritengono infondate le grida d’allarme sul riscaldamento globale. La teoria “antropogenica”, secondo la quale più del 90% del riscaldamento globale osservato dagli anni Settanta in poi sarebbe dovuto all’intervento umano, mostra cospicue crepe. Già nel 2007 quattrocento scienziati contestavano la base scientifica del furiosamente pubblicizzato Protocollo di Kyoto e del recente pacchetto climatico dell’Unione Europea, e nel 2010 gli scettici erano praticamente raddoppiati, ma le loro opinioni, in urto con enormi interessi costituiti, non hanno ricevuto molta attenzione dai mass media. Nel dicembre 2008, esperti nei diversi campi della climatologia, in un rapporto al Senato americano esprimevano profondo scetticismo. Fra loro anche dei premi Nobel e molti appartenenti all’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organismo creato dall’Onu per monitorare gli studi sui cambiamenti climatici, nonché uno tra i principali responsabili degli allarmi sul clima.

Fra di loro figura il fisico Antonino Zichichi, presidente della Federazione Mondiale degli Scienziati; Ivar Giaevar, premio Nobel per la Fisica, che ha definito il riscaldamento globale “una nuova religione”; Ioanne Simpson, prima donna al mondo ad ottenere un Ph.D. in meteorologia, che ha dichiarato: “tutti noi conosciamo la fragilità dei modelli riguardanti il sistema aria-superficie”; il chimico giapponese Itoh Kiminori, collaboratore dell’IPCC, che ha bollato i timori per il riscaldamento globale come “il peggior scandalo scientifico della storia”; il fisico dell’atmosfera Stanley B. Goldenberg, che ha definito il riscaldamento globale di origine antropica “una clamorosa bugia portata avanti sui media”; e il geografo russo Andrei Kapitsa, che ha accusato i teorici di Kyoto di aver messo il carro davanti ai buoi perché “è il riscaldamento globale che fa aumentare l’anidride carbonica, e non il contrario”.

Gli unici dati sui quali sembra esservi accordo riguardano l’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’aria dall’età preindustriale ad oggi da 270 a 330 parti per milione, e forse una limitata dilatazione degli strati superficiali degli oceani di circa 1 mm l’anno. Tuttavia, in un convegno specialistico internazionale all’Accademia dei Lincei nel 2002, è stato reso noto che lungo le coste sarde dal 1993 al 2000 è stata misurata, in media, una diminuzione del livello del mare di 10 centimetri. Secondo l’Enea non si è avuto, nell’ultimo trentennio del sec. XX, alcun innalzamento del Mediterraneo. Anche altrove si sono riscontrati risultati analoghi.

Inoltre, le tendenze medie delle temperature, depurate delle possibili distorsioni dovute agli spostamenti delle stazioni meteorologiche e all’espansione urbana (se una stazione meteorologica che prima si trovava in campagna è ingolfata dalla crescita di una città, si trova inclusa nella “cupola termica” di questa, e quindi registra un abnorme aumento di temperatura), non rivelano alcuna tendenza in ascesa, o meglio dimostrano aumenti in alcune regioni e diminuzioni in altre. Una situazione di stasi che non si smuove neppure per i volonterosi sforzi dei cosiddetti “scienziati” di collocare i sensori vicino a sorgenti di calore e di taroccare i dati.

I catastrofisti che, a loro dire, si agitano “per salvare il pianeta”, se vogliono persuaderci che davvero ci stiamo avviando alla “catastrofe ecologica” per colpa nostra, dovrebbero fare tre cose: dimostrare che ci sono forti alterazioni climatiche a breve termine (non semplici oscillazioni che sono perfettamente normali), che queste alterazioni sono necessariamente negative per l’umanità (un aumento delle temperature medie in Canada e in Siberia non potrebbe che recare beneficio), e che sono provocate dall’uomo stesso (data l’estrema complessità dei fattori climatici, ciò è quanto meno problematico). Allo stato attuale delle conoscenze, non è possibile soddisfare nessuna di queste condizioni, e non ci sono certezze sul cambiamento climatico tali da giustificare l’allarmismo che viene propinato all’opinione pubblica attraverso i mass media.

Ma tutto ciò ha poca importanza, perché il dibattito scientifico serio è stato letteralmente censurato da giornali, radio e televisioni, che riportano solamente le smanie dei catastrofisti, che dilagano pure su internet, scarsamente contrastate da pochi siti dove non regna il delirio ambientalista, in attesa che la censura mondialista si abbatta anche sulla rete. Costoro sono gli unici ad essere intervistati in televisione, e ogni volta che si parla di clima, appaiono sul video immagini di ghiacciai in disfacimento, accompagnati da una voce fuori campo che dà fiato alle più acute paure della “febbre del pianeta”, della “Terra malata”, dell’effetto serra che “minaccia la vita”.

Lo sprovveduto ascoltatore, che non è tenuto ad essere un esperto in una materia tutt’altro che semplice, non può che restarne disorientato e spaventato: proprio quello che gli ambientalisti vogliono. Costosissime conferenze internazionali, con massiccia partecipazione di cosiddetti “scienziati” e con “scienza” debitamente taroccata, per vendere all’opinione pubblica il solito minestrone ambientalista dell’anidride carbonica prodotta dall’uomo come unica causa dei presunti danni ambientali. E poiché le conferenze internazionali, nonostante le fanfare mediatiche, non hanno abbastanza impatto emotivo, si mobilita qualche adolescente ignorante e malata, e la si manda in giro a strepitare davanti alle telecamere mondiali: “Dovete avere paura… La casa brucia… Dovete avere paura… La casa brucia… ecc. ecc.”

 

 

Chi paga queste sceneggiate? Ma la finanza usuraia mondiale, naturalmente. Con che soldi? I nostri, ancor più naturalmente. E perché lo fa? Perché è parte del piano planetario che mira a bloccare lo sviluppo economico e la crescita della popolazione, in perfetto accordo con il famigerato Rapporto Kissinger del 1974, desegretato una ventina d’anni dopo, il quale afferma esplicitamente che l’aumento della popolazione mondiale minaccia la supremazia americana e va quindi bloccato con ogni mezzo. La cupola mondiale anglo-ebraica della finanza usuraia, che ha il suo punto focale a Wall Street, mira a bloccare lo sviluppo, impoverire e devastare l’umanità con aborto, contraccezione, eutanasia.. Così le poche decine di squali della finanza che controllano i tre quarti delle ricchezze mondiali con la volonterosa collaborazione dei vari Quisling annidati nei punti chiave delle nazioni soggette, possano regnare indisturbati su una massa amorfa e rassegnata. con tanto di benedizione del vescovo di Roma e dei demoni amazzonici.

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(fine)

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1 commento su “Catastrofe climatica o bufala gretina? / terza e ultima parte”

  1. Gaetano Fratangelo

    Greta ed i suoi accoliti politici e mediatici hanno facile gioco in una società pervasa dal cosiddetto “pensiero debole”. I ghiacciai che si sciolgono sono di facile impatto a favore dell’oscurantismo scientista. Creare le paure usando burattini credibili (minorenne “innocente” che attira consensi). Si vuole imporre una nuova religione con i suoi sacerdoti ed i suoi dogmi catastrofisti. Un fanatismo che non ammette la scienza e la ragione.
    Le battaglie, ormai, non si combattono più nei luoghi fisici ma nelle menti.

I commenti sono chiusi.

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