Cattedre Arcobaleno, il gender con i soldi dei contribuenti

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Presentata la prima “Rete di insegnanti ed educatori Lgbtqi+”, che ha il sostegno economico della Regione Emilia Romagna e mira a diffondere il verbo arcobaleno nelle scuole. Il solito indottrinamento, che contrasta con il fine dell’insegnamento e il primato educativo dei genitori.

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di Tommaso Scandroglio

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Due giorni fa è stata presentata online, a livello nazionale, la prima Rete di insegnanti ed educatori Lgbtqi+. L’iniziativa è promossa dal Centro Risorse Lgbti insieme al circolo Arcigay “Il Cassero” di Bologna, i quali hanno potuto dare vita a questo progetto grazie a fondi provenienti dalla Regione Emilia Romagna tramite il “Bando per iniziative di promozione e sostegno della cittadinanza europea”.

Spiegano le associazioni: «L’occasione è il primo output prodotto dalla rete: la sezione “Cattedre Arcobaleno”, dedicata alle professionalità educanti all’interno del sito traccearcobaleno.it, nato nel 2020 grazie al progetto “La nostra scuola è differente” in partnership con Scuola e Formazione Cassero». Nel sito, si fa sapere, c’è anche la possibilità di consultare la sezione “Sussidiari arcobaleno” che, con il solito pretesto di combattere il «cyberbullismo di matrice omobilesbotransfobica», intende indicare strategie per la diffusione del credo Lgbt nelle scuole. Sulla stessa frequenza d’onda troviamo nel sito anche gli “Zaini arcobaleno” – «Un’antologia di racconti queer ambientati tra i banchi di scuola» – e la “Lavagna arcobaleno” che «è un insieme di materiali pensati per il corpo docente delle scuole medie e superiori italiane».

In merito invece alle “Cattedre Arcobaleno” si tratta di uno «spazio di raccolta di storie e testimonianze per dare visibilità alle esperienze e per suggerire, attraverso lo storytelling, soluzioni a situazioni complesse». Insomma, veicolare la teoria del gender a scuola raccontando le esperienze omosessuali e transessuali dei docenti, facendo dunque leva sull’aspetto liberatorio dell’outing e sul contrasto alle discriminazioni. I soliti stereotipi.

Degno di rilievo, perché assai esaustivo, il commento del consigliere regionale Michele Facci e del consigliere comunale di Bologna Matteo Di Benedetto, esponenti del Carroccio: «Non comprendiamo perché la Regione Emilia-Romagna debba sostenere – anche economicamente, a quanto emerge – la Rete degli insegnanti Lgbtq+. È un progetto che non ha alcun senso o utilità per gli studenti. Perché l’orientamento sessuale degli insegnanti dovrebbe essere rilevante? A scuola hanno il compito di insegnare o di raccontare cosa fanno sotto le coperte? Non riusciamo a comprendere la ratio di questo progetto, tra l’altro promosso e portato avanti da associazioni che dalla Regione prendono fiumi di denaro dei contribuenti, come il Cassero di Bologna che tra il Comune di Bologna e la Regione Emilia-Romagna riceve centinaia di migliaia di euro ogni anno. È questo il modo di investire le risorse pubbliche?».

Poi aggiungono: «Se domani nascesse la rete degli insegnanti eterosessuali, come verrebbe accolta la notizia? Si chiederebbero tutti perché, giudicando la scelta inopportuna. Figurarsi se fosse promossa dalla Regione. Quello che succede nel letto di ognuno sono fatti che attengono alla sfera privata, non a quella dell’insegnamento. Questo deve valere per tutti. Gli studenti emiliano-romagnoli non devono divenire oggetto di strane sperimentazioni sociali o battaglie ideologiche: la Regione dovrebbe vigilare prima di tutto su questo, tutelando il primato educativo dei genitori e la loro libertà educativa».

Dunque, dopo la Rete Ready che collega tra loro gli enti pubblici gay-friendly, ora abbiamo una Rete di insegnanti Lgbt e le Cattedre Arcobaleno. La strategia è furba. Le lobby Lgbt si sono forse rese conto che c’è resistenza da parte delle famiglie e di una buona fetta della società alla diffusione del verbo arcobaleno nelle scuole. Ecco allora unirsi per rafforzarsi e soprattutto incaricare i docenti gay e trans di farsi primi responsabili delle rivendicazioni del loro mondo tramite la solita narrazione incardinata su discriminazione e inclusività. Se è relativamente facile criticare il docente etero che promuove l’ideologia arcobaleno, diventa più difficile farlo nei confronti dell’insegnante gay. Forse si tratta di un passaggio di testimone: dai docenti etero, seppur simpatizzanti, agli addetti ai lavori, potremmo dire, ossia ai soggetti coinvolti in prima persona nella lotta all’educazione dei minori al gender. Tutto questo con i quattrini dei contribuenti.

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fonte: Nuova Bussola Quotidiana

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