Come si manifesta lo Spirito Santo negli scritti di S. Luca

 

“O Spirto! Supplichevoli / A’ tuoi solenni altari, … / … Noi T’imploriam! Placabile / Spirto discendi ancora, / A’ Tuoi cultor propizio , / Propizio a chi T’ignora,  / Scendi e ricrea; rianima / I cor nel dubbio estinti … “. Alessandro Manzoni, La Pentecoste.  

Nella Basilica del S. Rosario a Lourdes, come ben sanno tutti i pellegrini che ogni anno affollano quello straordinario luogo di preghiera, la cappella dedicata al V Mistero Gaudioso ci mostra il mosaico del ritrovamento dell’adolescente Gesù tra i Dottori del Tempio, mentre “li ascolta e li interroga”. Il dodicenne Gesù è rappresentato mentre con la mano sinistra indica il cielo e con la mano destra regge un cartiglio recante l’incipit del Cap. 61 del Libro del Profeta Isaia: “Spiritus Domini super me”. Intorno a Lui, i vecchi sapienti Lo guardano e Lo ascoltano meravigliati per la Sua intelligenza e le Sue risposte, mentre Sua Madre, ancora turbata per la scomparsa di Suo Figlio, durata ben tre giorni, gli si avvicina per rimproverarLo, come avrebbe fatto e farebbe qualunque madre, antica o moderna, dopo che il proprio vivace rampollo ha commesso la marachella di allontanarsi dai genitori: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo” (Lc 2, 41 ss).

Il testo evangelico non parla del cartiglio in mano a Gesù, ma questo accenno, frutto  della fantasia artistica e della fede del mosaicista, è perfettamente appropriato, non solo con riferimento alla missione che Gesù intraprenderà circa 18 anni dopo questo evento, ma anche con riferimento all’azione dello Spirito Santo sul fatto cristiano e sulla genesi della Chiesa. Infatti Origene vedeva in quel versetto di Isaia già indicate le tre Persone della SS. Trinità: lo Spirito (Spirito Santo) del Signore (il Padre) è sopra di me (il Figlio) e questo Gesù avrebbe confermato, con riferimento a Se stesso, all’inizio della Sua missione nella sinagoga di Nazaret quando, aperto il rotolo del profeta Isaia, vi trovò (su azione dello Spirito Santo) proprio quel passo (Lc 4, 16 ss). Ma non era certo quella la prima volta che lo Spirito agiva nella vita dell’Uomo Gesù: la terza Persona della SS. Trinità, che inabitava nell’anima del Cristo fin dal momento dell’Incarnazione, era già discesa sotto le sembianze di colomba quando Gesù fu battezzato da Giovanni nel Giordano (Lc 3, 21 – 22).  

Il Vangelo secondo Luca è quello che maggiormente presenta Gesù come Uomo che prega in stretta comunione con lo Spirito Santo; infatti mettendo a confronto i tre Vangeli sinottici, si nota facilmente che il terzo Vangelo è quello che riporta il maggior numero di versetti riguardanti la terza Persona della SS. Trinità. All’inizio del suo Ministero, “mentre Gesù, ricevuto anche lui il Battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo” (Lc 3, 21 – 22). Nel Cap. 11, dopo aver insegnato ai discepoli come pregare il Padre, Gesù aggiunge: “Se dunque voi, che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” (v. 13). Questa frase, secondo me, è sconvolgente perché fa capire quanto spesso sia superficiale e distratta la nostra preghiera quotidiana. Spesso ci lamentiamo e ci sembra che Dio sia lontano e non ci ascolti perché non esaudisce la nostra preghiera, ma siamo sicuri di pregare col cuore veramente puro, con fiducia sufficientemente grande e con la giusta perseveranza?    

Prima ancora degli episodi che ho citato, lo Spirito Santo aveva agito con il concepimento verginale di una giovane donna  di nome Maria, umile e sconosciuta al mondo dei potenti che, per opera Sua, diventa la Madre di Dio. Nei primi secoli cristiani questo Mistero fu subito accolto e condiviso nella fede del popolo di Dio, tanto che il relativo dogma fu definito dal Concilio di Efeso nel 431. Assistiamo poi all’esperienza di Elisabetta, parente di Maria e madre di Giovanni Battista, l’ultimo dei profeti che annunziarono l’avvento del Messia. L’evangelista Luca riferisce che, subito dopo l’Annunciazione, Maria andò “in fretta” a far visita a sua cugina – che, come le aveva rivelato il Messaggero di Dio, era in stato di gravidanza avanzata, nonostante nel suo ambiente fosse ritenuta sterile – e, incontratala, la salutò. Questo saluto, gesto normalissimo tra parenti e amici, diventa, per opera dello Spirito Santo, un evento salvifico.  Lo Spirito Santo invade l’anima di Elisabetta e le fa capire immediatamente che cosa è accaduto in Maria inducendola a prorompere nella sua esclamazione di fede e di gioia con le parole che ripetiamo ogni giorno perché la Fede cristiana le ha perpetuate nella più popolare tra le preghiere dedicate alla Santa Vergine: “Benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!”, mentre perfino il suo bambino non ancora nato, ma già pieno anche lui di Spirito Santo, esulta nel suo seno (Lc 1, 39 – 56).   

Anche al marito di Elisabetta, Zaccaria, era accaduto di incontrare lo Spirito Santo.  Nonostante fosse stato punito con la perdita della parola perché aveva dubitato del messaggio dell’angelo che gli annunziava la nascita del precursore del Cristo da sua moglie ritenuta sterile, anche lui fu “pieno di Spirito Santo” quando vide che la promessa di Dio si era attuata e intonò quel meraviglioso cantico denominato Benedictus, così pieno di fede, riconoscenza e devozione che la Chiesa ne ha prescritto la recita quotidiana nella liturgia delle Ore (Lc 1, 67 ss) . Nella potenza dello Spirito Zaccaria, come profeta, penetra con meraviglia e gioia nel disegno salvifico e lo vede come se fosse già avvenuto.

L’Evangelista Luca afferma che lo stesso Gesù “esulta nello Spirito Santo” in quello che gli esegeti hanno chiamato l’ “Inno del giubilo del Signore”: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli” (Lc 10, 21). L’effusione di amore tra Gesù e il Padre, comunicata dallo Spirito Santo, è talmente profonda che Gesù è inondato di gioia e la Sua gioia, pervasa di amore, si trasforma in lode. Parallelamente, secondo Matteo (18, 23) Gesù dice: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli”[1]. Lo Spirito Santo è la fonte della preghiera di lode, perché è per merito Suo che si manifesta il disegno particolare del Padre che vuole rivelarsi ai semplici e nascondersi ai sapienti.

Nell’altra sua grande opera, gli Atti degli Apostoli, Luca (1, 14) narra che gli undici Apostoli, riuniti al piano superiore della casa in cui abitavano a Gerusalemme, erano tutti “assidui e concordi” nella preghiera insieme a Maria, ad alcune altre donne e a  Mattia, unitosi a loro dopo il tradimento di Giuda. La preghiera assidua, perseverante, fiduciosa di tante persone, unite come fossero state una persona sola, è la condizione giusta perché su di loro si effonda lo Spirito Santo, e allora, come aveva promesso Gesù, nel cinquantesimo giorno dopo la Sua Resurrezione, il Paraclito scende e li vivifica.

Sempre negli Atti, al Cap. 4, si narra che Pietro e Giovanni – rimessi in libertà dopo un primo arresto da parte del Sinedrio perché avevano annunciato al popolo la Resurrezione di Cristo – si riunirono di nuovo in preghiera con i loro fratelli. “Quand’ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza” (At  4, 31). Quest’ultimo termine – in greco “parresìa, cioè “libertà di parola” come traduce il dizionario Rocci – dovrebbe forse essere tradotto, nel caso specifico, con l’espressione “senza paura” o “senza timore”, perché quegli stessi uomini, che erano fuggiti terrorizzati al momento dell’arresto del loro Maestro, ora sono stati trasformati dallo Spirito Santo, sono diventati dei veri cristiani, pronti a proclamare il Cristo risorto con la parola, con l’azione e finanche con la morte, da veri “testimoni”, certi che il loro sangue sarà il lievito che produrrà milioni di altri cristiani. 

Anche per il mondo pagano la preghiera funge da catalizzatore (se mi è consentito usare questo termine) al sorgere della fede. Il pagano Cornelio, centurione della coorte Italica di Cesarea, era come “attirato” dal Dio di Abramo (At 10, 1 ss.) tanto che un angelo gli aveva comunicato che le sue preghiere erano state esaudite e che, per essere illuminato, doveva mandare a chiamare  Pietro, il quale si affrettò a raggiungere Cesarea. Pietro, che in un primo momento aveva dubitato che la parola di Dio fosse destinata anche ai Gentili,  comprende che “Dio non fa preferenze di persone, ma chi Lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a Lui accetto” (At 10, 34). Allora egli parla a Cornelio  di Gesù e così anche sul centurione e sulla sua famiglia scese lo Spirito Santo mentre i fedeli circoncisi, venuti con Pietro, si meravigliarono “che anche tra i pagani si effondesse il dono dello Spirito” (At 10, 45)     

Lo Spirito Santo illumina anche il viaggio missionario di Paolo e Barnaba. All’incipit del Cap. 13, mentre nella comunità di Antiochia profeti e dottori stavano celebrando col digiuno il culto del Signore, “lo Spirito Santo disse: riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati” (v.2). Romano Amerio sottolinea l’importanza di questo versetto, che rivelerebbe il carattere soprannaturale e speciale che il sacerdozio introduce nella specie umana e per il quale il prete è separato[2].

Luca non perde occasione per insegnare che, se al Padre possiamo chiedere tutto, il dono più importante da chiedere e con più insistenza è proprio il dono dello Spirito perché nessun uomo può avanzare la pretesa di possederLo. Il superbo che si crede autosufficiente è ben lontano dal Padre. Il povero che “chiede” con costanza e umiltà di cuore, otterrà di sicuro questo dono soprannaturale.

Veni, Creator Spiritus! / Mentes Tuorum visita …”

.

[1] L’infanzia spirituale non corrisponde affatto all’infanzia anagrafica e non comporta debolezza, instabilità, ignoranza: nel XX secolo ne  abbiamo avuto alcuni esempi sconvolgenti: i due fratellini Francesco e Giacinta di Fatima e Rolando Rivi, seminarista poco più che un bambino, trucidato dai nazisti perché “prete”. Ma sono solo i primi che mi sono venuti in mente: bisognerebbe citarne molti altri.  

[2] Cfr. Romano Amerio, IOTA UNUM, Fede & Cultura 2017, pag.162

Condividi questo articolo:

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Print

Lascia un commento:

Iscriviti alla nostra newsletter

Ogni settimana riceverai i nostri aggiornamenti e nulla di più.

Torna in alto