Global Compact per la migrazione? O Global Compact per la Rivoluzione?

Con l’assenza di più di trenta Paesi membri, tra cui (grazie a Dio!) l’Italia, l’ONU ha approvato, a Marrakech, il cosiddetto Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration (di seguito “Global Compact”). Il documento contiene linee guida per le politiche dei governi in materia di migrazione. Sarà giuridicamente vincolante solo se i Parlamenti nazionali decideranno in tal senso. In ogni caso, costituirà senz’altro un’arma di propaganda per le lobby pro-migrazione.

Il documento dell’ONU era fortemente auspicato dal Vaticano e da numerose associazioni cattoliche allineate alla pastorale pro-migrazioni di Papa Francesco. Lo scorso febbraio un cartello di organizzazioni cattoliche, impegnate nell’ambito delle migrazioni, aveva approvato a Roma le “Proposte per una nuova agenda sulle migrazioni in Italia”. Il documento era stato presentato da don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità.

Un documento ideologico, parte di un programma rivoluzionario più ampio

L’ispirazione ideologica, anziché umanitaria, del Global Compact è evidente fin dal secondo paragrafo. Tra i trattati elencati come premesse, include la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che hanno poco a che fare con la migrazione. Entrambi i documenti sono stati stilati dall’Internazionale socialista e propongono profondi cambiamenti nella nostra civiltà occidentale.

Questi documenti si fondano sull’ambientalismo radicale, affermando (senza basi scientifiche) che il livello di consumo della nostra civiltà è andato ben oltre il livello “sostenibile”. Pertanto, dobbiamo ridurlo drasticamente, implementando un nuovo modello di società, più primitivo e meno sviluppato, ispirato ai modi di vivere “tradizionali” (cioè tribali). L’Agenda per lo sviluppo sostenibile presenta specificamente le tribù amazzoniche come il modello da seguire.

I flussi migratori sarebbero un modo per portare persone “frugali” (ad esempio, gli africani) nei paesi industrializzati al fine di insegnare all’uomo occidentale a vivere in una società non consumistica.

Tutto ciò invalida il Global Compact come un documento in buona fede, dettato da scopi caritatevoli e umanitari nei confronti di popoli sofferenti, e lo mostra piuttosto come un documento ideologico, parte di un’agenda rivoluzionaria molto più ampia per sovvertire la nostra civiltà. In effetti, il Compact definisce apertamente i migranti come “agenti di cambiamento”. In altre parole, il documento favorisce l’immigrazione non tanto per aiutare persone in difficoltà, quanto piuttosto per sovvertite l’attuale civiltà occidentale.

Ciò è coerente con la visione neo-marxista di un “neo-proletariato”. Per il marxismo classico, i proletari erano i lavoratori poveri, che dovevano ribellarsi e condurre una lotta di classe contro la borghesia per stabilire il socialismo. Perciò, li definiva “soggetti storici” o “agenti di cambiamento”. Il neo-marxismo identifica ogni categoria “oppressa” bisognosa di “liberazione” come potenziale proletario: donne, neri, omosessuali e così via.

Ultimamente, la sinistra ha analizzato il migrante come un potenziale “proletariato culturale”. “Per la sinistra comunista – scrive il filosofo comunista Jerry Grevin – la denuncia della xenofobia e del razzismo contro gli immigrati è in diretta continuità con il movimento rivoluzionario comunista, la Prima Internazionale, la sinistra della Seconda Internazionale e dei Partiti Comunisti”. (1)

Un’agenda globalista e rivoluzionaria

La natura ideologica del Global Compact, basata sul globalismo e sull’ambientalismo radicale, è ancora più evidente quando definisce la sua “visione e principi guida”. Il Global Compact presenta la migrazione come “una fonte di prosperità, innovazione e sviluppo sostenibile nel nostro mondo globalizzato”. La migrazione, continua il documento, dovrebbe servire a unire i popoli in un mondo globalizzato: “La migrazione è una caratteristica fondamentale del nostro mondo globalizzato, unendo le nostre società internamente e con tutte le altre regioni, e rendendoci tutti paesi di origine, transito e destinazione”.

La migrazione è quindi presentata come un meccanismo verso un mondo globalizzato, nel quale i singoli paesi perdono gradualmente la loro ragione d’essere. In altre parole, un meccanismo verso la Repubblica Universale. Il Global Compact riconosce ancora “il diritto degli Stati a esercitare la giurisdizione sovrana sulla politica migratoria nazionale”, ma afferma che le cose dovrebbero camminare verso una “governance più condivisa e collettiva”.

Non discriminazione

Un altro elemento che mostra la natura ideologica del documento è la sua inclusione all’interno di un più ampio programma di “non discriminazione”.

Negli ultimi decenni la Rivoluzione culturale e morale è progredita con il pretesto della non discriminazione. Piuttosto che affermare, per esempio, la bontà intrinseca della condotta omosessuale, la Rivoluzione dichiara che non si può discriminare contro gli orientamenti sessuali, perché ciò sarebbe contrario alla dignità umana. Quindi, poiché nessuno può ostacolare il loro comportamento, gli omosessuali acquisiscono il “diritto” di agire secondo le loro tendenze perverse. Viceversa, a tutti gli altri viene imposto l’obbligo di accettarli, sotto la pena di essere accusati di “omofobia”.

Dichiarandosi “sensibile al genere”, il Global Compact afferma: “Ci impegniamo a condannare e a contrastare ogni espressione, atto e manifestazione di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza contro i migranti, compresi quelle basate sulla razza, la religione o il credo”.

Chi si opporrà alle migrazioni in qualsiasi modo sarà punito. Il Global Compact propone di “approvare e applicare una legislazione che penalizzi i crimini di odio contro i migranti”. Propone anche di “punire l’incitamento alla violenza generata dall’incitamento all’odio verso i migranti”. Il documento delle Nazioni Unite invita inoltre ai Governi di ritirare finanziamenti e qualsiasi sostegno a chiunque mostrerà “intolleranza” legata alla razza, alle idee o alla religione.

Altre due parole-chiave della Rivoluzione culturale sono “diversità” e “inclusione”. Il Global Compact propone quindi “attività di integrazione per promuovere il rispetto per la diversità e l’inclusione dei migranti, prevenendo ogni forma di discriminazione, incluso il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza”.

Esiste un “diritto a migrare”?

Un punto molto pericoloso nel Global Compact è la definizione di un presunto “diritto a migrare”. Il termine “diritto” è usato non meno di 125 volte, cioè una media di cinque per pagina. Questo merita un commento.

La prima cosa da dire è che, a parte il diritto di praticare la vera religione, nessun diritto è assoluto. È intrinseco al concetto stesso di “diritto” l’essere associato a un “dovere” che lo limita.

Si prenda il più fondamentale di tutti i diritti: quello alla vita. Non è assoluto. In caso di guerra, per esempio, lo Stato può convocare i suoi giovani per difendere il Paese. Il diritto del Paese alla sopravvivenza supera il diritto del singolo cittadino alla propria vita. Egli è obbligato dal dovere patriottico a sacrificare la propria vita per il bene comune. In ogni tempo ciò è stato considerato onorevole e, anzi, eroico.

I diritti sono anche limitati dalla legge naturale e divina. Ad esempio, tutti abbiamo il diritto di sposarci. Questo, però, non significa che io possa sposare chiunque voglia. Non posso sposare una persona già sposata; o un parente stretto; o contro la volontà dell’altro. E così via. E, naturalmente, non posso “sposare” qualcuno del mio stesso sesso …

I diritti sono anche limitati dalla “funzione sociale”. I diritti non esistono in un mondo astratto, costituito da individui autonomi. I diritti sono esercitati da persone che vivono in una società, verso la quale hanno determinati doveri. Prendiamo ad esempio il diritto alla proprietà privata. Non è assoluto se io nuoto nella ricchezza, e a fianco qualcuno sta morendo di fame, giustizia e carità impongono che io lo aiuti.

Questo ci porta direttamente all’analisi del supposto “diritto a migrare”.

Le persone hanno il diritto di muoversi liberamente. Tuttavia, come spiega San Tommaso d’Aquino, ci sono diversi tipi di migrazione. Una è la migrazione temporanea di qualcuno che semplicemente visita un paese straniero, quello che ora chiamiamo turismo. Tranne che nei casi di impellente necessità (guerra, calamità naturali, impasse diplomatica, ecc.), il diritto di fare turismo in un paese straniero non può essere ostacolato.

Un secondo caso è l’immigrazione per un periodo di tempo più lungo, sebbene limitato. È il caso degli studenti e dei lavoratori transitori. Questi stranieri meritano di essere trattati con carità, rispetto e cortesia, dovuti a qualsiasi essere umano di buona volontà. In questi casi, la legge può e deve proteggere gli stranieri da ogni maltrattamento.

Prevale il bene comune della società

Molto diverso è il tipo di migrazione proposto dal Global Compact: quella per cui lo straniero si stabilisce definitivamente in un nuovo paese. Non esiste un diritto assoluto a questo tipo di migrazione. E il nuovo paese non ha il dovere di accettarlo.

L’obiettivo primordiale dello Stato è promuovere il bene comune dei suoi cittadini. “L’intenzione di ogni governante – scrive San Tommaso d’Aquino – è quella di promuovere il benessere di coloro che governa” (2). “L’autorità politica è legittima purché miri al suo obiettivo finale, cioè al bene comune di società”, insegna Leone XIII (3).

Il bene comune della società (spirituale e temporale) è il fine ultimo dello Stato, che dovrebbe prevalere su tutti gli altri. A questo punto possiamo chiederci: la migrazione di massa promossa dal Global Compact è vantaggiosa per le società europee? Questa domanda si suddivide in diversi quesiti:

– Il migrante è disposto a integrarsi pienamente nella cultura e nella vita della nazione ospitante?

– Il migrante è disposto ad accettare le radici religiose della nazione?

Per gran parte delle masse che ora fluiscono in Europa, purtroppo le risposte sono No e No. Questo è particolarmente vero per l’immigrazione musulmana. Ancora un altro quesito:

– Il migrante è disposto a rispettare il quadro legale della nazione?

Ancora una volta, almeno per un’importante minoranza, la risposta è No. Preferiscono vivere sotto la Sharia piuttosto che secondo la legge europea.

Ciò provoca una frammentazione nella società che è altamente dannosa per il bene comune. Eventi recenti hanno dimostrato che entrambi i modelli di migrazione – il modello britannico di multiculturalismo e il modello francese di integrazione – hanno fallito miseramente. Ogni anno la Gendarmeria francese pubblica la mappa di ciò che chiama eufemisticamente Zones Urbaines Sensibles, meglio conosciuta come “no-go zone”. Cioè, quartieri in cui gli europei non possono entrare. Un recente sondaggio in Gran Bretagna mostra che quasi il 50% dei cittadini pensa che il multiculturalismo sia fallito. Solo un magro 12% pensa che sia vantaggioso per il Paese.

Il recente attentato terroristico a Strasburgo, quando un islamista radicale ha sparato sulla folla di turisti al mercatino di Natale, non fa che acuire il senso di pericolo.

Svolta a destra

L’opinione pubblica europea sta cominciando a rendersi conto delle insidie ​​di una simile migrazione come proposta dal Global Compact. Le recenti elezioni di governi di centro-destra in diversi paesi mostrano chiaramente il desiderio di frenare l’immigrazione.

Per una volta, le Nazioni Unite ascolteranno la voce del popolo? Oppure continueranno con il loro programma globalista e rivoluzionario?

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  1. Jerry Grevin, Immigrazione e movimento operaio, “Corrente Comunista Internazionale”, 14-03-2010.
  2. De Regimini Principum.
  3. Leone XIII, Enciclica Au milieu des solicitudes.

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fonte: pagina Facebook dell’associazione TFP – Tradizione Famiglia Proprietà

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