Ogni qualvolta un annunciatore di nuove, di fatti di cronaca mi compare davanti alla televisione, mi vien fatto di chiedermi come riesca a riferire ogni giorno le ingannevoli cose che dice o che sottace ad ogni proposito, con la medesima espressione convinta. Da sconsigliato, non considero che i venduti e i cornuti riposano sulla cosciente giustificazione per cui devono procurarsi un adeguato tenore di vita e sarebbe folle contrastare l’andamento del mondo.

Molti sono i mestieri avvilenti, alcuni per colpa di chi li pratica, in quanto, di per sé, sarebbero mansioni soltanto umili o materialmente sudice, necessarie per sostentarsi e per la società. Altri  lavori invece comportano complicità inaccettabili, e la degradazione risulta colpevole. Ma quando si può fare a meno di agire disonestamente, di collaborare con la malizia, e ci si accomoda, magari con orgoglio, in un incarico pregiato, protetto, ma venduto all’impostura e senza che ciò appaia, allora chi si presta al malfare ha toccato il fondo.

Quest’ultimo caso riguarda quasi tutti i giornalisti sia dei quotidiani sia delle televisioni. Il loro conformismo, ossia il diuturno rispetto per certi tabù indegni d’essere rispettati e per certi personaggi, l’adesione a una propaganda politica faziosa, dettata dai poteri più forti, non danno scampo agli informatori della stampa o del piccolo schermo.

Se all’epoca degli annunciatori del telegiornale, che leggevano i comunicati passati loro dalla redazione, essi potevano esimersi dal partecipare moralmente allo spaccio delle notizie, che attraverso loro o qualche altro sarebbero state diffuse, gli odierni pretesi giornalisti, che si fregiano di tale titolo e ogni giorno divulgano la falsità, non hanno attenuanti.

Prendiamo il caso delle notizie intorno a Salvini, etichettato sovranista, ipercritico verso la dirigenza dell’UE, contrario all’immigrazione irregolare, voluta dai poteri nostrani aderenti ai poteri forti sovranazionali. Chi non vede come le tivù, sotto il manto assai trasparente dell’imparzialità, conducano una campagna contro il Capo della Lega? Per far pendere la bilancia di Salvini dalla parte del discredito, contrapposta a quella del credito, basta ridurre di qualche secondo il tempo concessogli, basta il tono del giornalista nel riportare le sue parole, basta un’inquadratura un po’ infelice della sua faccia, basta un commento politico del rappresentante degli industriali, o di un altro presidentone, basta tralasciare due o tre parole a chiusa d’una sua dichiarazione, basta anche riportare il rilievo dato da qualcuno a una sua gaffe, basta un pettegolezzo.

La somma di tutto ciò forma una vera e propria diffamazione, coperta dalla libertà d’informare e d’esprimersi, dunque giammai oggetto di querela.

Di contro, una belloccia rappresentante d’un partito del governo sinistrorso rivendica, nella finestra tv che le viene assegnata, lo stanziamento di dieci miliardi per opere improcrastinabili, della massima importanza; però nessuno ci informa che l’ingente pagamento sarà scaglionato in cinque anni, sempre che quel governo duri così a lungo e che gli impedimenti legali e burocratici non congelino la spesa. Ma è interminabile l’elenco delle porcherie messe in atto con la massima noncuranza e disinvoltura; è multiforme l’adozione incontrastata di termini ingannatori, di verità inserite nel discorso come ovvie, mentre sono autentiche aberrazioni del vero e del giusto. Per guarnizione della torta venefica, questi signori corrivi della Rai, assecondano l’andazzo della volgarità, delle scollacciature e della blasfemia alla moda, a differenza dei loro colleghi d’una volta, che onoravano il buon gusto, la morale e Dio. Se non bastasse questi… signori si adoprano per fare una pubblicità sperticata alle trasmissioni della loro azienda, la quale calpesta la sua pubblica funzione di tutela dei buoni costumi e, come ben sappiamo, non contentandosi del canone pagato dagli utenti, arrotonda con i proventi della réclame, al pari di una qualunque ditta mercantile.

Ora, a somiglianza delle sette dai nomi altisonanti, che si dimostrano filantropiche, la società giornalistica compie azioni meritorie, trasmettendo anche le verità apparentemente scomode per i suoi padroni. Esse danno fumo negli occhi, intaccano appena gli interessi delle grandi sette, assicurano il credito ai personaggi e ai movimenti che sostengono le falsità incrollabili e distruttive del Bene.

Proprio l’impunità, derivante dall’appartenenza al democratico e libero concorso nell’informare e nel dibattere argomenti di generale interesse, degrada la professione di chi scrive sul quotidiano, sulla rivista, di chi ci parla allo stesso modo in casa attraverso l’apparecchio televisivo. Siamo nell’ambito della libertà abusata, per giunta privilegiata, disponibile e regolarmente, anzi forzatamente, usufruita.

Tra i mezzi busti maschili e femminili che ci ringraziano d’aver prestato ascolto al loro astuto ed efficace imbonimento, c’è chi si gonfia, le donne per lo più danno fiato alle proprie voci stridule, troppo forti, piuttosto maleducate, e c’è chi sembra persino un tantino imbarazzato, però non ha il coraggio di dimettersi e di scrivere uno splendido libello in cui vuota il sacco mettendosi all’onor del mondo. Fatto sta che la congrega giornalistica, conforme a una setta, osserva una penosa compattezza, uno spirito di corpo degno di miglior causa, mentre si presta all’abbindolamento dei popoli per la perdita della loro dignità, della loro anima.

Tuttavia la speranza non è morta. La maggioranza degli italiani ha subodorato la truffa e, per non sapere né leggere né scrivere, o non va a votare o vota per protesta, a dispetto delle prediche dei giornalisti e dei sapientoni ospitati con riguarso dal giornalismo salottiero o intervistatore. Se poi interviene il soggetto fuori dal coro, il moderatore saprà dargli sulla voce, interrompere, correggere, passare ad altro, secondo l’universale convenienza. Ma forse non basta, forse non si è tenuto conto abbastanza del partenopeo, e assai italiano, accà nisciuno è fesso.

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1 commento su “Il mestiere più basso”

  1. Gaetano Fratangelo

    Esiste la tirannia della comunicazione che oscura ed altera la percezione della realtà. C’è un’ ideologia ed un retro-pensiero nel messaggio da veicolare, ove il messaggio nascosto è il più importante. La comunicazione subliminale è funzionale al credo totalitario che vuole l’ asservimento. Nei dibattiti televisivi, le voci non “politicamente corrette” vengono interrotte con varie tecniche (esigenze pubblicitarie, disturbi del conduttore o di ospiti, inquadrature diverse, ecc.). In tale contesto, i giornalisti che si prestano, sono privi di dignità ma colmi di miseria morale.

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