Il prato alto – di Emilio e Maria Antonietta Biagini. Storia della nascita di una Nazione cattolica

 

Un’opera in tre volumi. Il primo è fresco di stampa

La dinamica coppia Biagini (clicca qui e qui) ha affrontato questa volta un compito colossale: quello di produrre una storia romanzata dell’Austria dalla preistoria fino ai giorni nostri. Esistono già numerose opere del genere, nate in ambiente finora esclusivamente anglosassone, romanzi che hanno come protagoniste intere nazioni o almeno vaste regioni o metropoli (ad es. Sarum, Russka, London di Edward Rutherfurd; Texas e Colorado James Mitchener), ma niente del genere era ancora stato fatto per l’Austria, un paese le cui sorti sono sempre state intrecciate a quelle dell’Italia. Le dimensioni di una simile opera sono inevitabilmente molto grandi, e questo ha consigliato una suddivisione in tre volumi: 1° Alba (il sorgere dell’Austria), 2° Tempesta (le terribili lotte in difesa della Fede cattolica), 3° Speranza (l’unico sostegno nelle catastrofi dell’età moderna).

Il primo volume inizia con una banda di cacciatori mesolitici che si addentra in una vallata ancora in corso di disgelo dopo l’ultima glaciazione, e termina nel tredicesimo secolo, quando l’identità del paese si è ormai affermata. Il secondo volume, la cui uscita è prevista per il prossimo anno, giunge fino al secondo assedio turco di Vienna (1683). Col terzo, che uscirà nel 2020, si approda ai giorni nostri.

Già in questo primo volume si rileva la vocazione dell’Austria come terra di frontiera: in epoca romana in senso nord-sud, col Danubio a costituire  la barriera da difendere contro i barbari; nel medioevo in senso est-ovest per arrestare le incursioni dei nomadi delle steppe.

I primi abitanti di cui si abbia qualche notizia storica erano celti, i quali formarono il regno del Norico, mai conquistato dai Romani. Non ce ne fu bisogno: i norici si inserirono pacificamente nella compagine romana e il Norico divenne provincia. I suoi abitanti combatterono per secoli a fianco dei Romani per respingere le popolazioni germaniche. Al crollo dell’Impero, ebbe luogo una graduale germanizzazione, ma i rapporti con Roma e l’Italia non si interruppero, anzi la transizione fu più graduale che altrove, grazie all’opera di san Severino, uno straordinario santo che ricorda, per certi versi, Padre Pio. La comune religione cattolica fu il cemento di questo fecondo interscambio tra l’Italia e la vasta regione nel sud del mondo germanico dove si formò così l’etnia bavara, nel cui seno, per opera unificatrice ed organizzatrice dei reggitori locali, vennero prendendo forma la Baviera e l’Austria.

Il fulcro della narrazione è il villaggio di Wiesenberg, nella valle del Traun, un affluente del Danubio. Per ovvi motivi, gli autori si sono preventivamente accertati che nessuna località di tale nome si trovasse in territorio austriaco. Gli abitanti del villaggio non si limitano a coltivare la terra e ad allevare bestiame, ma i più interessanti e ardimentosi di loro si spostano e combattono. Così li troviamo alle campagne di Carlo Magno contro gli Àvari, in quelle di Ottone il Grande contro gli Ungari, alle Crociate e sul campo di battaglia di Legnano.

Su questo sfondo storico rigorosamente ricostruito, si stagliano le vicende individuali, che hanno per protagonista la famiglia, nucleo irrinunciabile, fonte di vita e di grazia. Un ruolo particolare vi hanno le nonne, memoria storica della famiglia stessa, protettrici e consolatrici, insegnanti e consigliere. È chiaro che si tratta di un libro politicamente scorretto, una ventata d’aria fresca nello squallore letterario e accademico di oggi, e che trova un importante antesignano nel romanzo storico già pubblicato da Fede & Cultura di Verona, dal titolo Nonna non raccontava le favole, ad opera di uno dei coautori di questo libro.

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EMILIO & MARIA ANTONIETTA BIAGINI (2019) Il prato alto, 1° volume, Alba, Chieti, Solfanelli

Per acquisti on-line, cliccare su http://www.edizionisolfanelli.it/ilpratoalto1.htm 

 

Uno stralcio da IL PRATO ALTO di Emilio e Maria Antonietta Biagini:

[Questo brano, che ha per protagonista un caduto che sta per morire sul campo di battaglia di Legnano, mostra la coscienza di una separata identità austriaca.]

 

1176

Il cielo era azzurro. Ulrich lo guardava fisso, riverso sulla schiena, assorto, e pensava. I pensieri di rincorrevano nella sua testa, a ondate.

“Non sapevo che potesse essere così azzurro. Non era così quando giacevamo sul prato, Hedwig e io, e ora sembra tutto così lontano. Quanti anni fa è cominciata questa storia? Ero un bambino, appena arrivato alla corte del duca. Mi trattava con tanta bontà. Mi aveva affidato a una dama della corte ducale che non aveva figli, e stavo così bene con lei. Mi portarono in viaggio in Borgogna, in un posto famoso, ma non ne ricordo il nome… fu lì che mi portarono, dopo un viaggio lunghissimo… C’era l’imperatore e tutti i grandi… Ho la testa così confusa… Se solo non mi facesse così male… D’improvviso, come si sono arrabbiati i grandi. C’erano due vescovi. Venivano con un’ambasceria del papa… O Vergine santissima, fa che mi ricordi tutto, che non mi sfuggano tutti i ricordi… che non resti senza niente… Ah, sì, era per protestare perché avevano arrestato un arcivescovo… E ad un tratto erano tutti furiosi, e Otto von Wittelsbach ha alzato la spada contro gli ambasciatori, contro… come si chiamava?… contro Rolando Bandinelli di san Marco. Se l’imperatore dalla gran barba rossa non l’avesse fermato, l’avrebbe tagliato in due… Tanti anni dopo, il mio maestro Godehard mi ha spiegato cos’era successo. Tutto per una parola, una dannata parola… Godehard stava per morire e mi ha voluto vicino a sé… Si è confidato con me… Gli pesava sul cuore da tanto. ‘Ulrich,’ mi ha detto ‘Ulrich, è nato tutto da un errore di traduzione. Io stesso non l’avevo capito. Ora è troppo tardi, troppo tardi per tutto. ‘Beneficium: non feudum, sed bonum factum’. Il cancelliere imperiale Ranald von Dassel ha tradotto il latino della missiva papale in modo offensivo, in modo che l’impero sembrasse un feudo largito dal papa, e non quello che veramente era: un beneficio divino ottenuto dalle preghiere del papa e dei cristiani, per la difesa della Cristianità. Ah, Ulrich, quanto male ne è venuto… scisma… guerre… l’aiuto a Gerusalemme minacciata dagli infedeli così a lungo negato, finché arriveremo troppo tardi… troppo tardi…’ E quando ha detto così quasi piangeva… Quanto aveva ragione… Abbiamo combattuto… devastato Crema… devastato Milano… devastato noi stessi… l’esercito divorato dalla pestilenza… una punizione divina… e ora? Perché sono qui? perché? Che mi avevano fatto di male i milanesi? che male avevo fatto a loro? Perché cristiani che non si conoscono neppure devono scannarsi a questo modo? L’imperatore vuole dominare tutti, ma che c’entriamo noi del ducato d’Austria? Se un nemico avesse invaso l’Austria, avrei combattuto con tutta l’anima… Il mio signore è Heinrich Babenberger… Io sono… austriaco…”

Quest’ultima voce, non più solo un pensiero, ma un’invocazione, gli uscì strozzata dalla gola. Il cielo azzurro era scomparso, dietro nuvole di corvi che scendevano roteando su quello che era appena stato il campo di battaglia di Legnano. Ulrich chiuse gli occhi per non vederli, e non li riaperse mai più. Edwig, figlia del ministerialis Sigismund, della corte dei Babenberger, avrebbe atteso invano il ritorno dall’Italia del suo magnifico, del suo adorato, del suo forte guerriero, che aveva promesso di sposarla appena tornato dalla campagna d’Italia (e avrebbe mantenuto la promessa, se le spade milanesi l’avessero risparmiato). Rimase sola col suo bambino di un anno, sola con la sua vergogna.

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