In ricordo di Giovanni Cantoni: addio a un italiano serio

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“Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Adesso il tuo servo può andare in pace. Ora mi aspetta il premio della vittoria: il Signore che è giudice giusto, mi consegnerà la corona di uomo giusto”.

Le parole di S. Paolo possono servire per ricordare Giovanni Cantoni, fondatore di Alleanza Cattolica. In questi giorni in suo ricordo sono stati pubblicati diversi interventi, non solo di militanti dell’associazione ma soprattutto di amici. Tenterò di fare una sintesi di qualche intervento, magari inserendo qualche mia riflessione. Anche a me è capitato avere la notizia della scomparsa di“Gianni” (così si faceva chiamare dagli amici) mentre stavo per assistere a un convegno, in questo caso a Torino, per il trentesimo anniversario della morte del filosofo Augusto Del Noce.

Ho conosciuto Cantoni nel 1974, per la prima volta ho ascoltato le sue relazioni in un Ritiro di Alleanza Cattolica presso la casa del santuario dei padri Oblati di Rho. Ero stato “preparato” alle sue straordinarie dissertazioni da mio fratello Carmelo (Linuccio per gli amici), che lo aveva conosciuto e frequentato fin dal 1968. Da quel momento gran parte della mia vita ha fatto riferimento agli insegnamenti di Gianni. Pertanto anche per la mia formazione culturale, sociale, storica, religiosa, vale quello che hanno scritto in tanti in ricordo di Cantoni.

Tutto quello che io so lo devo a lui. Da lui ho appreso a conoscere la Cristianità, la Chiesa e il Papato, la Storia, quella vera e non addomesticata insegnata nelle scuole e nelle università. Ma soprattutto sono stato alimentato religiosamente, educato ad amare la Chiesa, il Papa, a pregare e a conoscere la più grande preghiera: il Rosario.

Nei tanti ritiri milanesi, ma poi anche in quelli siciliani, da Cantoni ho conosciuto diverse figure, esponenti della Controrivoluzione cattolica, a partire dal grande pensatore brasiliano, professor Plinio Correa de Oliveira, con il suo celebre saggio «Rivoluzione e Controrivoluzione», il testo base su cui mi sono formato. E poi via via tutti gli altri, da Gustave Thibon, fino ai più recenti pensatori, lo svizzero Gonzague de Reynold e il colombiano Nicolas Gomez Davila. Con la sua dialettica arguta e avvincente ci teneva inchiodati ad ascoltarlo. «Riusciva sempre a sorprenderti – scrive l’amico Franco Maestrelli – con la scoperta di un nuovo autore del tutto ignoto ai grandi media e te lo faceva apprezzare»,.

Sono tanti i ricordi di Cantoni da raccontare e ringrazio soprattutto la Provvidenza che mi ha dato l’opportunità di incontrarlo. Certamente ricordo la sua passione per la Storia, i tanti avvenimenti raccontati dopo approfonditi studi, uno per tutti, in particolare l’epopea delle insorgenze delle popolazioni italiane contro gli eserciti rivoluzionari francesi di Napoleone tra il 1796 e il 1814. E’ probabile che sia stato Cantoni il primo negli anni ’80 a togliere il velo dell’oblio su queste pagine di storia che la storiografia ufficiale aveva letteralmente cancellato.

Oltre alle insorgenze italiane non sono mancati i riferimenti all’insorgenza popolare più celebre, quella della Vandea, e a quella dei Cristeros messicani contro il governo massonico di Plutarco Calles.

E poi non si può dimenticare il termine storico di Magna Europa, l’Europa fuori dall’Europa, per indicare il mondo umano e culturale nato dall’espansione degli europei, in particolare in America. «Così come la Magna Grecia è stata anzitutto la Grecia di fuori”». Infine da ricordare le sue ricche lezioni degli ultimi anni sui grandi cambiamenti epocali (lui ci diceva che per comprendere bisognava avere davanti sempre delle carte geografiche), sulla fine delle civiltà, a partire da quella dell’Impero Romano. Cantoni faceva riferimento, con precise citazioni, ai grandi storici delle civiltà, come Arnold Toynbee, Johan Huizinga, Gonzague de Reynold, Alberto Caturelli, Nicolas Gomez Davila. Naturalmente le sue lezioni di Storia non si riducevano a mera erudizione, ma servivano per interpretare l’attualità, soprattutto politica. Del resto, spesso ripeteva la frase: “Chi sbaglia Storia, sbaglia politica”.

Giovanni Cantoni fu il fondatore di Alleanza Cattolica e della rivista “Cristianità”, l’organo ufficiale dell’associazione, che da Piacenza, curava personalmente con tanta meticolosità. La rivista, amava sempre sottolineare, viene pubblicata prima di tutto per i militanti, perchè sono loro a doverla leggere e studiarla. Per quanto mi riguarda l’ho sempre letta, sottolineando in maniera quasi maniacale gli articoli proposti.

Ho tanti ricordi della rivista Cristianità. Prima di tutto, della sua diffusione davanti alle Chiese: si offriva ai fedeli chiedendo un sostegno economico, che non sempre arrivava. Negli anni ’80 capitava di essere aggrediti, non solo verbalmente, da gruppi “democratici” comunisti che cercavano di impedirti di diffondere il giornale. L’amico Maestrelli ricordava che prima di Cristianità, era nato il ciclostilato “Il Resto della Verità” e questo sì che era esclusivamente per noi militanti, per alimentare la nostra cultura cattolica.

Il 18 gennaio scorso si è spento un italiano serio, un cristiano, un combattente per una società cristiana a misura d’uomo e secondo il piano di Dio. Dai tanti interventi raccolti dal sito ufficiale di Alleanza Cattolica inizio con quello dell’attuale reggente nazionale di Alleanza cattolica, Marco Invernizzi. E’ il breve, toccante e commosso discorso pronunciato nella basilica di Sant’Antonino, subito dopo la celebrazione del funerale di Cantoni, officiato da Sua Eccellenza monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza- Bobbio.

Invernizzi ha ringraziato il vescovo, la famiglia, la moglie Sabina, i figli e i nipoti di Gianni. Un aspetto è stato sottolineato da Invernizzi sulla figura di Cantoni: «la sua umanità dentro un contesto di assoluta normalità, alla quale tanto teneva. Giovanni Cantoni è stato un uomo che ha lavorato per mantenere una famiglia impegnativa, è stato marito e padre e poi un nonno esemplare. Attraverso la sua “normalità” ha insegnato e testimoniato a tutti coloro che lo conoscevano che la dimensione ordinaria della vita non coincide con lo spazio, come si usa dire oggi, “privato”, che essa, proprio nella sua ordinarietà, è più ampia e comprende in sé l’impegno per il bene comune, la lotta contro il male nella sua dimensione personale e sociale, l’amore per il Papa e per la Chiesa e per la propria patria terrena».  

Concludendo Invernizzi ha voluto ricordare Cantoni con alcune sue parole: «partecipo (…) della Cristianità come alternativa all’Europa, a quell’Europa che vuole dimenticare di essere stata Cristianità; sono uno dei “nuovi poveri”, diseredati non solo di una condizione storica, ma anche defraudati della dottrina per riconquistarla; ma, per quanto mi riguarda, non mi sono lasciato prendere dalla disperazione e mi sono sforzato di ottemperare all’ingiunzione sapiente:“Aiutati che Dio ti aiuta”. Mi sono curato della mia miseria, volendo contribuire a curare anche quella altrui. Il Signore è giudice dell’intenzione, gli uomini del risultato». Infine, Marco sottolinea, «l’ultimo grande insegnamento che ci ha lasciato, forse il più importante: la sofferenza non è mai fine a sé stessa. Il calvario degli ultimi anni, lungo e misterioso, offerto per amore alla Chiesa, ci ha reso più familiare il Paradiso e meno difficile affrontare l’ultimo passaggio che ognuno di noi dovrà superare. Grazie Gianni, anche per quest’ultima testimonianza».

Tra i tanti significativi interventi raccolti dal sito di Alleanza Cattolica, voglio segnalarne due in particolare, quello di Daniele Fazio e di Stefano Chiappalone. Uno in particolare mi ha colpito, è lo splendido ritratto fornito da Stefano Chiappalone.  

Fazio nel suo, “Giovanni Cantoni: La nostalgia dell’avvenire”, scrive che Cantoni era «uomo di pensiero e d’azione, durante la sua esistenza ha lavorato perché l’Europa potesse riconoscere le sue radici cristiane e i suoi abitanti, vivificati da questa linfa, potessero dar vita ad una nuova società cristiana». «Ma quale è stato il nucleo centrale del pensiero di Cantoni? Si chiede Fazio, Innanzitutto la considerazione che una civiltà cristiana in Europa sia esistita. Essa – nonostante i difetti umani – ha rappresentato storicamente il tentativo di una sintesi tra la fede e la vita, la fede e la cultura e la fede e la politica dei popoli europei. Tale società – che fonda i suoi pilastri su elementi greci, romani, celtici, germanici – ha trovato storicamente nel cristianesimo il suo collante, il suo denominatore comune […].Non si tratta, quindi, di nessun ritorno al passato, né di un tentativo di mera conservazione, bensì del tentativo appassionato, dottrinalmente fondato ed operativamente mirato di preparare un contesto socio-culturale-politico in cui la proposta cristiana possa fecondare di nuovo la vita dell’uomo e il rapporto tra uomini. Chiarisce Fazio: «La cristianità medievale non fu imposta da nessuno, ma scaturì come il risultato istituzionale della volontà della maggioranza degli “europei” di voler vivere comunitariamente da cristiani». Pertanto, «Nel campo dell’ Europa sempre più scristianizzata, senza illusione alcuna, Cantoni sentì la chiamata a lavorare incessantemente, cercando uomini disponibili innanzitutto al combattimento spirituale, alla loro conversione continua, disponibili ancora a formarsi dottrinalmente e quindi poter reagire al pensiero rivoluzionario dominante, proiettandosi quindi nell’avventura dell’edificazione di una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio. In altri termini, egli si mise al servizio della rigenerazione di uomini, spiritualmente, moralmente, culturalmente per rigenerare istituzioni storico-sociali».

Mi fermo a proporre qualche frammento dell’altro bellissimo intervento su Cantoni, quello di Stefano Chiappalone. Si tratta di un vero e proprio ritratto, «Il «maestro dell’ovvio» riemergeva frequentemente nel florilegio di autori che Cantoni distillava in forma di aforismi e citazioni (anzi, «brandelli» diceva, sempre con quell’impareggiabile erre), come piccoli sorsi di un gustoso liquore che consentivano all’uditorio di assaporare e meglio assimilare l’intero pasto costituito dai suoi corposi interventi, in cui riportava sempre l’interlocutore a interrogarsi sui fondamentali prima di passare ai trascendentali. Perché l’ovvio è talmente ovvio da passare in secondo piano, pur essendo la materia prima di ogni discorso. Prima di parlare della pace nel mondo, parliamo del mondo, cerchiamo di capire come funziona. Prima di parlare dell’umanità, guardiamo l’uomo concreto – di qui l’invito frequente ai legislatori a ‘viaggiare su un treno in terza classe’, in altre parole, a conoscere la vita reale. Qualunque fosse il tema trattato, la prima opera di carità cantoniana consisteva nel riportare alla realtà più elementare chiunque fosse tentato di perdersi nei più astrusi voli pindarici».

Inoltre Chiappalone precisa: «Cantoni era soprattutto un sapiente, maestro di quel «pensare conversando» – per dirla con il «professor Plinio» – mai disgiunto dal ‘pensare l’azione’». Mentre dopo ogni conferenza, ricorda Chiappalone: «Nell’esporre aveva inoltre l’umiltà di sincerarsi che «lorsignori» avessero recepito il messaggio, preoccupato di essersi spiegato adeguatamente, senza lasciare la palla in mano all’interlocutore disinteressandosi poi se questi avesse compreso o meno[…]

Lui, l’oratore di innumerevoli conferenze, che parlava anche a prelati e parlamentari, ti prendeva sottobraccio e, come un antico filosofo greco, passeggiava con l’allievo di turno sotto i portici (ci sono sempre chiostri e portici nei luoghi in cui facciamo ritiri e convegni, non so perché) chiedendo: «Mi sono spiegato bene? Era tutto chiaro?».

Concludo con la chiosa del sito del ritratto di Chiappalone su Cantoni: “Ora il vecchio leone vede faccia a faccia quel Dio che lo ha sostenuto in vita e nella lunga infermità. Ma prima di andarsene ci ha lasciato qualche arma per continuare a risanare la Terra Desolata…”.

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