La (grande) Storia nei (piccoli) Canti popolari/III

 

Signor lo Re a j’ha bin dije…

 

Canzone nr. 137: La marcia del principe Tommaso (1639-1642)

Prinsi Tomà ven da Milan con na brigada dë scaussacan.

Scaussavo ’d sà, scaussavo ’d là. Viva la brigada dël Prinsi Tomà.

Prinsi Tomà ven da Vërsèj con na brigada dë spaciafornej.

Spaciavo ’d sà, spaciavo ’d là. Viva la brigada dël Prinsi Tomà.

Prinsi Tomà ven da Civass con na brigada dë s-ciapasass.

S-ciapavo ’d sà, s-ciapavo ’d là. Viva la brigada dël Prinsi Tomà.

Prinsi Tomà ven da Brandiss con na brigada ’d ramassamnis.

Ramasso ’d sà, ramasso ’d là. Viva la brigada dël Prinsi Tomà.

Prinsi Tomà riva a Turin con na brigada dë spaciacamin.

Spaciavo ’d sà, spaciavo ’d là. Viva la brigada dël Prinsi Tomà.

[Torino, dettata da una portinaia]

 

Varianti significative

vv. 4, 6, 8, 10 (ritornello)

Sensa crédit, pien de débit. Viva la facia ’d prinsi Tomà, Torino (trasmessa da Adele Bolens)

v. 5 con un’armada dë scanagat, Torino (trasmessa da Adele Bolens)

v. 7 con una squadra de cavaj gris, Torino (trasmessa da Adele Bolens)

v. 9 con na brigada de birichin, Torino (trasmessa da Adele Bolens)

 

Principe Tommaso viene da Milano con una brigata di scalzacani./ Scalzavano di qua, scalzavano di là. Viva la brigata del Principe Tommaso./ Principe Tommaso viene da Vercelli con una brigata di spazzacamini./ Spazzavano di qua, spazzavano di là. Viva la brigata del Principe Tommaso./ Principe Tommaso viene da Chivasso con una brigata di spaccasassi./ Spaccavano di qua, spaccavano di là. Viva la brigata del Principe Tommaso./ Principe Tommaso viene da Brandizzo con una brigata di raccogli-immondizia./ Raccolgono di qua, raccolgono di là. Viva la brigata del Principe Tommaso./ Principe Tommaso arriva a Torino con una brigata di spazzacamini./ Spazzavano di qua, spazzavano di là. Viva la brigata del Principe Tommaso.

 

Testo

Si può quasi dire che ci troviamo di fronte, almeno per quanto riguarda il testo se non la musica, più ad una sorta di filastrocca (di quelle che gli inglesi chiamano “nonsense songs”) che non ad una canzone propriamente detta.

Il testo, lessicalmente parlando, appare sostanzialmente coevo, o di poco posteriore, rispetto agli avvenimenti (metà del secolo XVII).

La storia argomento della canzone non è costituita propriamente da una narrazione, quanto piuttosto da una sorta di elenco-divertissement delle principali località piemontesi toccate dal principe Tommaso e dai suoi soldati nella loro marcia di avvicinamento, seguendo il percorso che è poi quello dell’attuale S.S. 11 e della linea ferroviaria, da Milano a Torino, durante la guerra che oppose il principe alla cognata (cfr. infra). Il tema non è una novità nelle canzoni popolari, specialmente in quelle cosiddette “dei coscritti”, cioè quelle cantate nei secoli XIX/XX, al momento quindi (da Napoleone in poi) dell’introduzione in Piemonte della coscrizione obbligatoria[1], dai giovani che dai paesi del loro circondario si recavano alla città o cittadina sede del deposito, o vi tornavano[2]. Tale abitudine elencativa potrebbe quindi trovare un archetipo in testi, come questo, di carattere – seppur scherzosamente – militaresco.

Nella versione che possiamo chiamare “Bolens” il termine “birichin” del v. 9, pur essendo abbastanza moderno e quindi probabilmente interpolato, ha la sua spiegazione nel voler evitare, probabilmente, la ripetizione “spaciafornel/spaciacamin”, di significato sostanzialmente identico, anche se il secondo è un italianismo.

 

Personaggi

Come in altre canzoni popolari, anche in questa abbiamo una figura centrale ed un coro di personaggi secondari che attorniano il protagonista: il principe Tommaso ed i suoi “brancaleoneschi” soldati.

Il principe Tommaso di Savoia-Carignano (1596-1656) fu protagonista, insieme al fratello cardinal Maurizio di Savoia ed alla cognata Madama Cristina di Francia, vedova del duca Vittorio Amedeo I, della cosiddetta “guerra tra principisti e madamisti”, che sconvolse il Piemonte tra il 1639 e il 1642 (cfr. infra).

Figlio di Carlo Emanuele I e di Caterina Michela d’Asburgo, nominato dal padre (1620) principe di Carignano, fu il capostipite del ramo Savoia-Carignano, che regnò in Piemonte (e poi in Italia) a partire da Carlo Alberto, alla morte dell’ultimo rappresentante del ramo diretto della casa di Savoia, cioè re Carlo Felice (1765-1831). Ambasciatore a Parigi, nella guerra dei Trent’anni appoggiò la causa spagnola, e così nel 1634 comandò l’esercito spagnolo nelle Fiandre, venendo però sconfitto ad Avein (1635) dai francesi; nel 1638 sconfisse il maresciallo de La Force, costringendolo a togliere l’assedio a Saint-Omer. Alla morte del fratello Vittorio Amedeo I, duca di Savoia, avvenuta improvvisamente a Vercelli nell’ottobre del 1637, essendo l’erede Francesco Giacinto troppo giovane per la guida del Ducato, ne assunse la reggenza la madre Cristina di Borbone-Francia (la Madama Reale), cognata di Tommaso, e sorella di Luigi XIII di Francia. Al termine della guerra “di successione” in Piemonte (1642) si giunse ad un accordo tra la reggente ed i due cognati (cfr. ancora infra).

Riconciliatosi con la Francia, questa affidò a Tommaso un’armata in Italia (1642), venne quindi nominato generalissimo delle armate di Francia e della Savoia in Italia, conducendo la guerra con successo e ricevendo dal cardinale Mazarino, come ricompensa, la carica di gran maestro di Francia, dopo la caduta in disgrazia del Condé. Avendo tentato inutilmente di occupare via mare Napoli, nel contesto della rivolta napoletana del 1647, fu costretto a ritirarsi dal napoletano dopo aver subito alcune sconfitte. Tra i figli avuti dalla moglie Maria di Borbone troviamo Eugenio Maurizio di Savoia-Carignano, cui la madre trasmetterà il titolo di Conte di Soissons, che sarà il padre del famoso condottiero Eugenio di Savoia (1663-1736). La continuazione del ramo Savoia-Carignano sarà invece assicurata dal maschio primogenito Emanuele Filiberto.

La sua figura toccò veramente l’immaginazione popolare, tanto che lo troviamo presente anche in altri due frammenti di canzoni, originarie del Canavese, riportati da Emilio Pinchia (Itinerario canavesano; Ivrea 1927; p. 229):

I) Bel pom d’òr l’ha la balansa.

Carignan l’é ’ndàit an Fransa,

quand la guèra l’é finìa,

Carignan l’é vnuss-ne via.

 

II) S’a l’é ’l Prinsi Carignan

Se vestì da monigheta

Pr’andar ’nsema na fieta.[3]

 

Vicenda

Questa “marcia” del principe Tommaso da Milano a Torino vuole rappresentare un momento della cosiddetta “guerra tra principisti e madamisti” o “guerra di successione del Piemonte” combattuta, verso la fine della guerra dei Trent’anni (1618-1648), dal 1639 al 1642 tra Cristina di Francia (detta “Madama Reale”), vedova di Vittorio Amedeo I e reggente per il figlio infante Carlo Emanuele (II; 1634-1675), ed i suoi cognati, il principe Tommaso ed il cardinal Maurizio.

I protagonisti della guerra.

Il cardinale Maurizio di Savoia nacque a Torino nel gennaio del 1593 dal principe di Piemonte Carlo Emanuele I di Savoia e da Caterina Michela d’Asburgo. Come il nonno Emanuele Filiberto di Savoia, fu avviato giovanissimo alla carriera ecclesiastica per motivi puramente politici, al punto che non prese mai i voti benché venisse poi nominato cardinale. Fu educato presso la corte spagnola di suo zio Filippo III di Spagna ed iniziato alla vita militare con i fratelli in alcune spedizioni nelle Fiandre e a Genova. Venne nominato vescovo di Vercelli nel 1611, divenendo abate commendatario della Sacra di San Michele (in val di Susa). Nel 1615, in assenza del padre Carlo Emanuele I, fu tenente-generale di Piemonte per un breve periodo e governatore di Asti. Nel 1618 fu inviato a Parigi per concludere il matrimonio di suo fratello Vittorio Amedeo I di Savoia con Cristina di Borbone-Francia, figlia del re Enrico IV. Ricevuta la berretta cardinalizia nel 1621, partecipò al conclave del 1623 che elesse Papa Urbano VIII, adoperandosi molto per ottenerne la nomina e così favorire la Francia. Dopo il trattato di Rivoli del 1634 si schierò contro l’alleanza tra il Regno di Francia e il Ducato di Savoia, assumendo la protezione presso lo Stato Pontificio dell’Impero spagnolo in luogo di quella del Regno di Francia, suscitando così un’accesa polemica con i reggenti sabaudi. Nell’ottobre 1637 morì Vittorio Amedeo I e gli succedette il figlio Francesco Giacinto, ma, essendo egli ancora in età infantile, la madre Cristina di Borbone-Francia ne assunse la reggenza. Maurizio iniziò allora a cospirare con il fratello Tommaso al fine di ascendere al trono, cercando appoggi in vari stati. La pace fu raggiunta con il matrimonio tra il cardinale e la nipote dodicenne Luisa Cristina, celebrato a Sospel il 29 settembre 1642. Dopo il matrimonio la coppia andò a vivere a Nizza, dove Maurizio aveva ricevuto la carica di governatore. Non ebbero figli e il principe dedicò il resto dei suoi giorni allo studio della filosofia e delle lettere. Nel 1648, dopo aver lasciato la porpora cardinalizia, Maurizio ricevette dal nipote Carlo Emanuele II di Savoia (ormai duca a tutti gli effetti) il titolo di marchese di Argentera e Bersezio. Morì a Torino nell’ottobre 1657 presso la Villa della Regina. Il suo corpo fu inizialmente sepolto nel Duomo di Torino e, nel 1836, traslato nella Sacra di San Michele insieme a quello di altri illustri membri di Casa Savoia per volontà del re Carlo Alberto.

La reggente Cristina di Borbone (1606-1663), figlia del re di Francia Enrico IV e della sua seconda moglie Maria de’ Medici, divenne duchessa di Savoia come moglie di Vittorio Amedeo I, che ella aveva sposato appena tredicenne nel 1619. Giunta a Torino, seppe introdurre, pur in un periodo di ristrettezze economiche, quel gusto francese per il fasto e la ricchezza che caratterizzeranno negli anni successivi il regno del nipote Luigi XIV a Versailles. In Piemonte fu chiamata Madama Reale[4], sia perché sorella di Luigi XIII, sia perché mantenne la reggenza in nome dei due figli piccoli. Donna molto bella e sensuale, amante delle feste e dei balli, fu al centro dei pettegolezzi di corte che le attribuirono varie avventure galanti ed anche, come suo favorito, il conte Filippo d’Agliè. La guerra coi cognati, cui si è già accennato, iniziata nel 1639, terminò nel giugno 1642 quando la Madama Reale concluse con essi un accordo, grazie anche al favorevole sviluppo della guerra franco-spagnola, nel corso della quale le truppe francesi, sue alleate, avevano liberato Torino, occupata dai due principi nell’agosto 1639. Nel 1648 il figlio Carlo Emanuele II assunse formalmente il potere e Cristina poté sciogliere il Consiglio di Reggenza, approfittando della lontananza da Torino del principe Tommaso. Ella mantenne comunque in mano le redini del ducato sino alla morte (avvenuta nel dicembre del 1663), occupandosi degli affari generali, della corrispondenza e ricevendo gli ambasciatori. Negli ultimi anni Cristina visse una conversione religiosa che la trasformò radicalmente, portandola a pratiche penitenziali estreme ed a frequentare con assiduità il convento delle carmelitane scalze, da lei volute a Torino. Cristina di Borbone fu sepolta, vestita da carmelitana, nella Chiesa di Santa Cristina, in piazza San Carlo a Torino, dove rimase fino al settembre 1802 quando, in piena epoca napoleonica, venne traslata nella vicina Chiesa di Santa Teresa d’Avila, nella Cappella di Sant’Erasmo. Nel 1855, infine, la salma venne spostata in una nicchia sul lato destro dell’edificio, accanto all’ingresso.

La reggenza di Cristina di Francia è stata oggetto di aspre critiche da parte di una lunga tradizione storiografica, che ha sottolineato soprattutto la licenziosità dei costumi della corte e la sudditanza al regno di Francia. L’azione di governo di Cristina ha comunque avuto il merito di rafforzare la debole amministrazione dello Stato sabaudo, salvaguardandone i territori e i diritti dinastici, nonché dando il suo contributo alle modificazioni urbanistiche (tra le quali l’attuale piazza San Carlo), volte a rendere Torino una capitale europea moderna.

Cristina di Francia è stata inoltre mecenate e protettrice di numerosi artisti e architetti, tra i quali Carlo di Castellamonte, che eresse il castello del Valentino, tuttora esistente nell’omonimo parco di Torino, e padre Andrea Costaguta, che ampliò per sua commissione la cosiddetta Vigna di Madama Reale, una piccola villa sulla collina torinese sopra il parco del Valentino, facendone un’elegante residenza barocca, nota attualmente come “Villa della Regina”.

Sviluppo della guerra.

Alla morte del marito Vittorio Amedeo I (ottobre 1637) Cristina di Francia divenne reggente in nome prima del figlio Francesco Giacinto e successivamente (1638), deceduto quest’ultimo, dell’altro figlio Carlo Emanuele, che nel 1648 salirà al trono col nome di Carlo Emanuele II. Non essendoci altri figli maschi di Vittorio Amedeo, in caso fosse mancato anche Carlo Emanuele, lo scettro del ducato sarebbe passato al cognato di Cristina e fratello di Tommaso, Maurizio. Spronato e spalleggiato da quest’ultimo, Tommaso contrasta violentemente la cognata, invocando per sé la reggenza. La nobiltà, il clero e l’alta borghesia si dividono in due partiti: i cosiddetti “principisti”, filo-spagnoli e sostenitori di Tommaso, e i “madamisti”, filo-francesi e sostenitori della Madama Reale. Oltre a dover fronteggiare gli attacchi dei cognati Tommaso Francesco di Savoia, principe di Carignano, e il cardinale Maurizio, entrambi filo-spagnoli e che miravano alla reggenza, non vedendo di buon occhio la presenza delle truppe francesi comandate dal cardinale La Valette, massicciamente presenti in Piemonte a seguito della guerra contro gli spagnoli, ella dovette opporsi anche alle mire del cardinale Richelieu, il quale cercava di annettere alla corona di Francia il Ducato di Savoia. Cristina comunque fu costretta a rifugiarsi in Savoia, sotto la protezione francese, per sfuggire ai cognati che occuparono Torino (1639). Successivamente però lo stesso Richelieu fece arrestare il conte d’Agliè, fedele alla Reggente e probabile suo favorito, colpevole di opporsi al protettorato francese. Cristina resistette indomitamente, sfruttando abilmente le rivalità tra francesi e spagnoli e la sua origine regale. Tuttavia, già a novembre, la Reggente ed il piccolo futuro Duca poterono rientrare in Torino, che dalle truppe francesi del marchese d’Harcourt era stata liberata dalle forze “principiste”. Tre anni dopo si giunse ad un accordo: Maria Cristina rimase reggente in nome del figlio Carlo Emanuele, il cognato Maurizio ricevette la luogotenenza di Nizza e la mano di Ludovica, figlia di Cristina (previa dispensa papale, che arriverà presto), mentre Tommaso ottenne la luogotenenza di Ivrea e Biella. La pace fu dunque raggiunta con il matrimonio tra il cardinale e la nipote dodicenne Luisa Cristina, celebrato a Sospel nel settembre 1642. Nel concistoro del 1 dicembre 1642 il Pontefice Papa Urbano VIII annunciò le dimissioni del cardinale di Casa Savoia presentate al nunzio a Madrid e dichiarò valido il suo matrimonio. L’accordo garantiva alla Madama Reale il suo ruolo di reggente e assicurava che, in caso di morte prematura dell’unico erede maschio, lo stato sarebbe rimasto nelle mani dei Savoia.

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[1] Il ducato di Savoia, poi regno di Sardegna, come gli altri stati pre-unitari non conosceva l’istituto della leva obbligatoria (introdotta poi dalla rivoluzione francese e dal dominio napoleonico), ma il suo esercito era formato da truppe mercenarie (in genere tedesche o svizzere) e dai cosiddetti “reggimenti provinciali” che, formati dai giovani del paese, si costituivano in occasione delle guerre.

[2] Cfr., per esempio, sempre nella raccolta del Nigra la canzone nr. 146 (I coscritti di Bonaparte).

[3] I) Bella mela d’oro ha la bilancia./ Carignano è andato in Francia,/ quando la guerra è finita,/ Carignano se ne è venuto via. II) Qua è il Principe Carignano/ Si è vestito da monachella/ Per andare insieme ad una ragazzina.

[4] La toponomastica torinese la ricorda con Via Madama Cristina, così come i suoi due cognati con Via Principe Tommaso e Via Cardinal Maurizio.

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