La (grande) Storia nei (piccoli) Canti popolari/V

 

Signor lo Re a j’ha bin dije…

 

Canzone nr. 139: L’assedio di Vienna (1683)

Chi veul sentì na gran lamenta

Fàita da sta pòvra cristianità?

L’han tacà guèra contra l’eresìa,

Contra sti can arnegà de Turchìa.

Quand ij Turch a son stàit sota Viena,

A l’han piantà un gran acampament.

La prima còsa l’é d’ëlveje l’eva

E d’assedié cola gran sità.

Quand a n’a ven l’andoman matin-a,

L’alba dël cel, la regin-a dël giorn:

– Chi veul Viena veuj ch’as la guadagna

Oh vënì pijé la ciav de l’Alemagna.

Avansa, avansa, Amperator cristian,

Che për la Fede j’oma da morir.

Avansa, avansa con la cros an man,

Che për la Fede j’oma da morir! –

[Bene Vagienna. Mondovì. Trasmessa da Pietro Fenoglio]

 

Chi vuole sentire un gran lamento/ Fatto da questa povera cristianità?/ Hanno attaccato guerra contro l’eresia,/ Contro questi cani rinnegati di Turchia./ Quando i Turchi sono stati sotto Vienna,/ Hanno piantato un grande accampamento./ La prima cosa è stata di levarle l’acqua/ E di assediare quella gran città./ Quando arriva l’indomani mattina,/ L’alba del cielo, la regina del giorno:/ – Chi vuole Vienna voglio che se la guadagni/ Oh venite a prendere la chiave della Germania./ Avanza, avanza, imperatore cristiano,/ Che per la Fede dobbiamo morire./ Avanza, avanza con la croce in mano,/ Che per la Fede dobbiamo morire! –

 

Breve canto che ha per argomento l’assedio di Vienna da parte dei turchi e la sua liberazione ad opera dell’esercito imperiale, uno degli avvenimenti storico-militari più famosi non solo del secolo XVII, ma – possiamo ben dire – di tutta la storia della Cristianità nella sua lotta per la sopravvivenza contro le forze a lei avverse, nella fattispecie l’impero ottomano.

 

Testo

Il testo, composto di soli 16 versi assonanzati e con rime occasionali, presenta alcuni aspetti interessanti di riflessione.

Oltre alle consuete forme arcaiche (forse coeve ai fatti narrati), quali l’infinito in consonante (morir) in alternanza con quelli più recenti in vocale (e segnatamente in –ì accentata, a sua volta forma più arcaica di quella moderna in –e atona: sentì per sente, vënì per ven-e) e la presenza della metatesi ël- per lë- (ëlveje per lëveje)[1], notiamo ancora l’incipit (v. 1), che riprende un topos della narrativa popolare dei torototela (vale a dire i “cantastorie”, in piemontese), cioè l’invito, rivolto ad un pubblico, vero o immaginario, ad avvicinarsi per ascoltare. In conseguenza di ciò il Nigra (a pag. 622 della sua raccolta dei Canti popolari del Piemonte; Torino 1881; rist. 2009) parla di “poesia cittadinesca”, associandola alla tradizione dei fogli volanti e dei cantastorie di piazza.

Altro aspetto degno di attenzione nel testo è la quasi totale mancanza di particolari epico-narrativi in favore di un più evidente tono parenetico (cioè esortativo) e morale, quale l’invito all’Imperatore ad avanzare a combattere per la Fede cristiana, con la croce in mano, e la consapevolezza di una possibile morte in difesa della religione. Inoltre – cosa abbastanza comune nei testi popolari – vediamo la non chiara distinzione tra “eretici” e “miscredenti”: i turchi infatti sono definiti, in modo non corretto, rappresentanti dell’“eresia” (v. 3) e “rinnegati” (v. 4).

Un’ultima osservazione, che trae origine sia dall’invito iniziale agli ascoltatori che dalla brevità della canzone, è quella per cui possiamo ipotizzare che il testo tramandatoci sia solo una specie di spunto per una narrazione più ampia, da svolgere “a braccio”, e quindi improvvisando, da parte del torototela.

 

Vicenda

L’episodio di cui si parla è quello dell’assedio di Vienna ad opera dei turchi, e la conseguente liberazione della città da parte dell’esercito imperiale guidato dal re di Polonia Giovanni III Sobieski, nella battaglia combattuta tra l’11 ed il 12 di settembre del 1683. L’assedio, guidato dal Gran Visir Kara Mustafa Pasha, era iniziato a metà del mese di luglio precedente, mentre l’Imperatore Leopoldo I si era rifugiato a Passau. La battaglia di Vienna fu l’episodio decisivo della guerra austro-turca, durata dal 1683 al 1699 e conclusasi con la firma del Trattato di Karlowitz.

In conseguenza di questa battaglia, che liberò non solamente la città di Vienna, ma tutta l’Europa dalla minaccia ottomana, Papa Innocenzo XI, per ringraziare Maria Santissima della vittoria, proclamò il 12 di settembre giorno della festa del Santissimo Nome di Maria. Protagonista di questa vittoria fu anche il frate cappuccino Marco d’Aviano (1631-1699), incaricato dal Papa, nella primavera del 1683, di sollecitare i regnanti cattolici ad allearsi in una Lega Santa per contrastare l’avanzata turca. Durante i due mesi dell’assedio Marco d’Aviano incoraggiò e confortò i soldati e il popolo viennese, esortandoli ad affidarsi alla Madonna e invocando da Lei la salvezza mediante la preghiera del Santo Rosario.

La notizia della vittoria colpì favorevolmente tutta quanta l’Europa[2]: un segnale ne è anche il fatto che essa sia oggetto di questa canzone popolare, che si distacca dal resto del repertorio “epico-storico” piemontese proprio per aver come argomento un evento non capitato nei territori dello stato sabaudo né con protagonista un qualche appartenente alla Casa reale. In realtà, durante questa campagna contro i turchi, culminata con la vittoria di Vienna, si distinsero due appartenenti alla casa di Savoia: Eugenio di Savoia-Soissons (detto “il Gran Capitano”; 1663-1736), che ivi fece le sue prime prove di ufficiale e che sarebbe poi diventato comandante in capo delle armate imperiali, nonché liberatore di Torino (nel 1706) dall’assedio franco-ispano, e suo fratello Luigi Giulio (1660-1683), detto “il cavaliere di Savoia”, che morì in quello stesso anno combattendo contro i Turchi a Petronel.

Per curiosità possiamo ancora ricordare che, secondo la tradizione, i dolci viennesi (ma conosciuti anche poi in Italia col nome di chifer) detti kipferl devono la loro caratteristica forma a mezzaluna proprio in ricordo della vittoria del 1683 sulla mezzaluna, simbolo dell’impero turco.

 

Personaggi

A differenza di altre canzoni a sfondo storico, in cui sono presenti (in numero più o meno elevato) dei personaggi di una certa importanza (re, regine, principi, generali, vescovi…), spesso chiamati in causa col loro nome e le loro qualifiche, qui invece (probabilmente proprio per la “distanza” geografica dei fatti, e quindi dei loro protagonisti) vediamo presente solo, ed in modo generico, l’“Imperatore cristiano” (Amperator cristian) del v. 13.

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[1] Rileviamo peraltro una curiosa forma italianizzante (o più probabilmente francesizzante: per definirlo dovremmo poter sapere come venisse pronunciato) giorn, sconosciuta non solo ai lessici ma anche introvabile in altri autori del tempo o di poco successivi.

[2] In campo letterario si ricordano le Canzoni in occasione dell’assedio e liberazione di Vienna pubblicate nel 1684 a Firenze dal poeta arcade Vincenzo da Filicaja (1642-1707).

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