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Cronaca di un curioso “Meeting interreligioso celebrativo”

 

Di recente la Nuova Bussola Quotidiana, sito cattolico che io stimo molto, ha pubblicato un articolo di Luisella Scrosati, intitolato “Torna la Messa in Cattedrale, ma non è una buona notizia”, che mi ha colpito e addolorato profondamente perché ha confermato, ovviamente deplorandola, la triste confusione dottrinale che in questo momento storico sta travagliando la Chiesa di Cristo.

Dopo circa cinquecento anni, il prossimo 29 febbraio la Cattedrale protestante di Saint-Pierre a Ginevra, una delle chiese simbolo della Riforma, ospiterà la celebrazione dell’Eucaristia, presieduta dal Vescovo ausiliario della Diocesi di Losanna – Ginevra – Friburgo, Mons. Pascal Desthieux e, per l’occasione, i fedeli protestanti  saranno invitati a partecipare alla celebrazione ricevendo anch’essi la S. Comunione.

Vuol forse dire questa notizia che quell’antica chiesa – che fu trascinata da Calvino all’eresia protestante col nome di Tempio di Ginevra e i suoi fedeli – sono tornati alla vera Fede cattolica? No, purtroppo, ed io sono totalmente d’accordo con il commento che ha fatto l’autrice dell’articolo, anzi aggiungo che si tratta di una pessima notizia. Secondo il clero calvinista, invece, non è nulla di eccezionale perché la cosiddetta Intercomunione viene regolarmente celebrata e ricevuta in molte chiese cattoliche di Ginevra, in linea con il cammino ecumenico che, come avrebbe detto papa Francesco, si deve fare, per l’appunto, insieme.

Questa notizia ha risvegliato in me il ricordo di un evento straordinariamente significativo che si svolse, nel gennaio del 2016, nella sede romana della CIVILTA’ CATTOLICA. Fui invitata ad ascoltare una tavola rotonda a due, tenuta da P. Giancarlo Pani S.I., scrittore della rivista, e dal Pastore della Chiesa Evangelica Luterana di Roma Jens – Martin Kruse, moderata da P. Francesco Occhetta S.I. L’argomento era: Martin Lutero: 500 anni dalla Riforma. Di questo dibattito, straordinariamente rivelatore del momento storico e dottrinale che stiamo vivendo da qualche anno, io feci una breve relazione che fu pubblicata da RISCOSSA CRISTIANA e che ora mi permetto di riproporre al NUOVO ARENGARIO perché, considerate le turbolenze dottrinali provocate dal recente Sinodo amazzonico, unitamente all’evento di Ginevra, non mi sembra affatto superata.

Padre Pani iniziò con un interessante excursus storico sugli eventi che, all’inizio del XVI secolo, precedettero la ribellione ufficiale del monaco Martino e fino alla dieta di Worms, mettendo anche in risalto l’incertezza storica (non contestata dal Pastore Kruse) dell’affissione delle 95 tesi – nessuna delle quali, a quanto pare, era ancora palesemente eretica – sulle porte della Cattedrale di Wittenberg. L’illustre studioso cattolico sottolineò anche che forse il Papa Leone X commise un errore tattico quando, per mettere le briglie all’esuberante monaco, inviò in Germania il Cardinale Gaetano che, essendo un tomista (e quindi teologicamente all’opposto dell’agostiniano Lutero) non si sarebbe mai potuto intendere con un avversario così agguerrito. Comunque fin qui, nulla da eccepire e neppure da ridire in merito alla sconfinata cultura biblica di Lutero e al suo immenso amore per la Parola di Dio, nonostante il  carattere alquanto “fumantino” (come diciamo noi vecchi romani) del Nostro, sempre pronto a litigare teologicamente, ma anche pronto a riconoscere l’eccesso e a chiedere scusa all’avversario, principe o popolano che fosse.

I prevedibili guai (se di guai si può parlare, ma forse sarebbe meglio chiamarle “scappatoie dialettiche”) cominciarono quando il Pastore Kruse disse che i luterani preferirebbero che i cattolici li chiamassero “Evangelici”, anziché “Luterani”, per il loro attaccamento totale al Vangelo (perché? I cattolici non sono attaccati al Vangelo?); continuarono quando Padre Occhetta disse spiritosamente di sperare che il pubblico presente, dopo aver conosciuto “gli immensi meriti umani e morali” di Lutero, non corresse in fitta schiera a convertirsi al luteranesimo, e  proseguirono ancora quando, terminati i due interventi, si dette spazio alle domande del folto pubblico presente. Come era immaginabile, l’interesse principale di tutti verteva sull’Intercomunionne tra cattolici e luterani, tema di cui alla fine del 2015 si era parlato molto ed era diventato di moda dopo le parole pronunciate al riguardo dal Papa in occasione della sua visita alla chiesa luterana di Roma e che tutti (e soprattutto i protestanti) avevano interpretato nel modo che faceva loro più comodo, data la fumosità delle parole usate da quello che per noi è il Vicario di Cristo (Sì, no, fate voi …).

Quando  fu concessa anche a me la parola, io mi dichiarai (naturalmente con tutto il rispetto dovuto alle due parti dialoganti) totalmente contraria alla possibilità di ammettere l’Intercomunione per tre motivi:

  • Per la diversa interpretazione attribuita dai cattolici e dai luterani alle parole di Cristo: “La mia carne è veramente cibo e il mio sangue veramente bevanda” (Gv 6, 51 – 55). Noi cattolici le interpretiamo in senso realistico e letterale, credendo per dogma di fede che il pane consacrato si sia trans-sustanziato in virtù del Sacramento dell’Eucaristia che, come tutti gli altri Sacramenti, effonde in chi la riceve la Grazia Santificante. I protestanti le intendono solo in senso spiritualistico e simbolico. Anzi (aggiunsi) mi pare evidente che proprio per questo motivo (l’interpretazione letterale delle Parole di Gesù) dovrebbero essere i cattolici ad essere considerati più “evangelici” dei luterani.
  • Per i cattolici l’Ostia può essere consacrata solo dal sacerdote che ha ricevuto il Sacramento dell’Ordine (lo stesso significato del termine “sacerdote” si ricollega al “sacrum facere”), il che non avviene per i luterani che, dei sette Sacramenti istituiti da Cristo, hanno conservato (con alcune limitazioni) solo il Battesimo.
  • Per i cattolici la Fede in Cristo significa soprattutto credere che Egli è realmente nel SS. Sacramento dell’Altare, dogma che i protestanti rifiutano.

Al termine del mio intervento una buona metà del pubblico applaudì, non me ovviamente, ma la dottrina cattolica. Le scappatoie di cui parlavo poc’anzi, però  continuarono a presentarsi e ad essere utilizzate. Prima da Padre Pani il quale, senza entrare nel merito del problema (e come avrebbe potuto farlo? Dopotutto lo scopo del meeting era solo celebrativo e non controversistico) parlò dell’esistenza, negli Stati Uniti, di una corrente teologica tra varie comunità luterane che tenta di riconsiderare la loro dottrina dei Sacramenti; e poi dal Pastore Kruse che invece si limitò a ribadire quanto aveva già dichiarato all’Agenzia ZENIT il 19 gennaio: “Il Papa ha invitato i fedeli a prendersi le proprie responsabilità di fronte a Dio per decidere, secondo coscienza, se è possibile la partecipazione comune tra cattolici e protestanti all’Eucaristia. Non esistono ragioni teologiche per cui questo non possa avvenire”.

A questo punto io, cattolica “bambina” e ultima tra le pecorelle di Cristo, avrei voluto gridare: “Ma quell’affermazione è protestantesimo puro!, (ma sarebbe stata musica per le orecchie del Pastore … ) Come fa il Papa a sostenere che non esistono ragioni teologiche di ostacolo all’Intercomunione?”. Avrei voluto sfidare Padre Pani e Padre Occhetta a confutare cattolicamente quanto avevo appena detto, ma mi dovetti mordere la lingua perché non era il momento, né il luogo, né l’occasione per farlo. Non era quello un incontro di discussione teologica, ma solo celebrativo e rievocativo dell’evento storico della Riforma (sebbene mi stupisse molto che esso si tenesse proprio nella sede della più prestigiosa rivista cattolica che non dovrebbe certo celebrare e commemorare la lacerazione della Cristianità) ed io non avevo certo i titoli per parteciparvi, non essendo una teologa ma solo una cattolica dura e pura. Forse, e con una certa ingenuità veramente degna di una cattolica “bambina”, mi sarei potuta aspettare che i due Padri gesuiti spendessero almeno due parole per ribadire la bimillenaria dottrina cattolica dell’Eucaristia, ma poi ho pensato: “Come potrei pretendere questo dai figli di S. Ignazio, il cui quarto voto è la totale, assoluta e incondizionata fedeltà al Papa il quale, oltre tutto, in questo momento è pure un loro confratello?” Mi  dovetti accontentare di aver dato una forte testimonianza cattolica che aveva ricevuto anche applausi e che mi confortarono perché mi dimostravano che non ero la sola ad essere una cattolica “bambina”, oltre che dura e pura.

Quale conclusione avrei potuto trarre da quella mia esperienza se non che stiamo scivolando verso una catastrofe ecclesiale per la pertinace intenzione di mettere definitivamente da parte il dogma cattolico sancito dal Concilio di Trento e ridurre così la pastorale a diplomazia e politica clericale? Siamo soffocati da una terribile confusione teologica e dottrinale ben difficile da dissipare e sicuramente alimentata dai protestanti perché essa porta acqua al loro mulino. E, quel che è peggio, che la Chiesa istituzionale non fa nulla per combattere.

Lo conferma quello che sta avvenendo in questi mesi nella Chiesa cattolica tedesca che, sostenendo l’abolizione del celibato sacerdotale, sta tentando di far diluire la dottrina cattolica nel protestantesimo con la scusa dell’ecumenismo e ciò che sta avvenendo a Ginevra è lì a dimostrarlo.

Che fare allora se non pregare lo Spirito Santo perché “hostem repellat longius” e usare tutte le capacità di cui il Signore ci ha dotati per chiarire le idee di coloro che non comprendono questo tremendo pericolo?

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1 commento su “L’intercomunione con i luterani”

  1. Il primo cattivo esempio lo diede Paolo VI quando violo in modo flagrante quanto decretato da due dei suoi predecessori: Leone XIII (apostolicae curae et caritatis) nonchè Pio XI (Mortalium animos) presentandosi in San Paolo fuori le mure in compagnia dell’arcivescovo di Canterbury – framassone laico – per dare la commune benedizione ai fedeli presenti

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