Nell’Italia antica: una sacra “omofobia”

 

A Tarquinia negli anni Sessanta del Novecento le tombe ipogee erano accessibili ai visitatori muniti di biglietto, accompagnati per ammirarvi i dipinti parietali. Allora potei vedere, tra le altre, la Tomba dei Tori. Nel 2007, quando ormai la campagna omosessualista ammorbava l’aria, la stessa visita non fu possibile, e le tombe a camera messe a disposizione erano visibili soltanto attraverso il vetro della porta d’ingresso.

Questa volta, trovai in un chiosco del parco archeologico una cartolina che rappresentava una metà della grande scena dipinta nella Tomba dei Tori, risalente all’aureo VI secolo a.c.. Vi compare una coppia di sodomiti in azione, e un toro che sta per caricarli, le corna protese. Il significato dell’opera è inequivocabile, avvalorato dal suo completamento costituito da un secondo toro che, dal lato opposto, assiste pacificamente ad una congiunzione carnale di uomo e donna.

Da quanto si apprende della civiltà etrusca sappiamo che fu d’un popolo autonomo, ben caratterizzato, a partire dalla scrittura (quasi indecifrabile), stanziatosi nell’Italia centro-settentrionale fin dall’Età del bronzo. Il suo sviluppo civile ed economico divenne florido intorno al VI secolo d.c. e generò conquiste con colonie etrusche stabilite in Umbria, Lazio, Campania. I rapporti col mondo orientale e greco diedero luogo a importazioni e influenze nel campo dell’arte; ma proprio qui si dimostrò, sia nei pregi e nelle raffinatezze che nei difetti e nella decadenza, il carattere peculiare dell’Etruria. Si trattava d’una nazione che possedeva una propria tradizione religiosa con al vertice la Triade Capitolina, tramandata ai Romani, una spiccata propensione per il realismo, una certa sanità di costumi, che si avvicinava a quella di Roma; la quale s’incivilì, da principio, mediante l’influenza etrusca e, molto più tardi, assimilò la cultura greca.

Dato questo quadro, risultante dalla vasta iconografia pervenuta e dalle notizie storiche, se non ci sono giunte pitture di soggetto analogo a quello della Tomba dei Tori, le scene mitiche  (rare quelle erotiche), le teste di sileni e di menadi, derivate dalla mitologia orientale assai trasfigurata, non comportano una morale contraddizione. Le figure di mostri infernali non introducono altro che gli assilli della morte, e in un periodo succeduto a quello delle rappresentazioni serene del trapasso e del soggiorno ultraterreno. Nelle tombe ricorrono, sia in dipinti che in rilievo, le coppie degli sposi amorevoli, alcuni scolpiti nell’atto d’una casta unione coniugale.

Da tutto ciò possiamo dedurre che il sentimento e la norma morale coevi alla costruzione della Tomba dei Tori fossero contrari all’omosessualità, la quale d’altronde, a quel tempo e a lungo, venne altresì bandita dalla società romana.

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