Perché le “Sardine” non hanno futuro

 

Chi ha studiato un poco la teoria sistemica applicata alla psiche conosce il cosiddetto paradosso pragmatico. Si tratta, in estrema sintesi, di una condizione esistenziale in cui il soggetto è costretto a scegliere di fronte a una falsa alternativa; falsa perché ciascuna delle due opzioni teoricamente possibili di fatto è resa impossibile dall’altra. Si è soliti esemplificarla con il disagio che ci coglie quando, posti innanzi a persona che sta per fotografarci, costei ci rivolge la famigerata ingiunzione “sii spontaneo!”. È infatti chiaro che la spontaneità è uno stato che non può essere raggiunto a comando, né per autocostrizione: nel momento stesso in cui ci sforziamo di esserlo, non lo saremo mai.

Da questa condizione di paradossalità unita ad altri fattori che non sto a precisare, possono derivare, secondo la psichiatria sistemica, disturbi del comportamento più o meno gravi.

Che cosa ha a che fare tutto ciò con il movimento sardinesco lo vado a spiegare subito, prevenendo eventuali dubbi e curiosità.
Cosa c’è di più paradossale di un soggetto, sia esso individuo o gruppo, che predicando ideali amorosi si nutre di odio? Perché è più forte di loro: l’odio rabbioso lo secernono da ogni poro, per quanto essi si adoperino a mostrarsi dialoganti e  accoglienti con l’universo mondo. Non è, beninteso, che non si impegnino in quella direzione, ma poi, fatalmente, ecco che al di sopra della folla libidinosa (in senso freudiano) sventola la falce e il martello, oscilla l’effige del nemico appeso per i piedi,  risuona lo slogan truculento, mentre dal variegato assembramento spunta la grinta del frequentatore dei centri sociali.

Quale tipo di disturbi può provocare questo intimo conflitto? Il dover affettare sorrisi untuosi quando si vorrebbe sputare veleno? L’atteggiarsi garbati e benevoli  quando l’insulto rimescola l’intestino e scotta le labbra?

A livello del singolo, direi disturbi psicosomatici quali gastriti, psoriasi, diverticolosi. Nulla di particolarmente grave insomma, a meno che il prolungarsi di questa condizione non produca un vero e proprio sdoppiamento della personalità, con alternarsi di fasi di zuccherosa bontà e furia belluina.

A livello di gruppo è invece anche troppo facile stilare una prognosi infausta, cioè la rapida disgregazione del medesimo, in quanto il prolungarsi della contraddizione provocherebbe logorio e tensioni che nessuna compagine umana è in grado di reggere a lungo.

E ciò comporta una conseguenza, che espongo in conclusione di questa mia riflessione clinico-politica. I politici e i prelati che  in questi giorni si stanno affannando a cavalcare il tigrotto rabbioso travestito da agnello, a coccolarlo con interessate carezze, oltre a dare spettacolo di opportunismo stanno inutilmente sprecando le loro energie. Ed è triste annotare che tale spettacolo indigna, ma non stupisce.

 

Alfonso Indelicato

Consigliere comunale indipendente eletto a Saronno

 

Riceviamo adesso (ore 16.30) queste ulteriori note dall’Autore, scritte in occasione della manifestazione di oggi delle “Sardine” a Roma, in piazza San Giovanni:

 

SARDINE N. 2: LE RAGIONI DI UN SUCCESSO SOLO MEDIATICO

Faccio seguito al mio primo intervento sulle “sardine” in cui profetizzavo la rapida fine del movimento con argomentazioni che definirei di psicologia sociale. Ritorno sul tema, dopo la pretesa riuscitissima manifestazione di piazza S. Giovanni, da un’ angolazione di tipo storico-sociologico.
Piazza S. Giovanni, luogo deputato ai comizi della sinistra fin dai tempi del PCI, ci ha abituati a ben altri numeri rispetto alle 35.000 sardine ivi riunitesi. Togliatti prima, e Berlinguer poi, vi radunavano folle immense. Se anche non raggiungevano il preteso milione di partecipanti (ipnotica potenza dei numeri tondi!) si trattava davvero di moltitudini oceaniche. Pressoché lo stesso miracolo riuscì a Berlusconi nel 2006, e recentemente Salvini vi ha concentrato una folla oscillante, secondo le stime, dai 100.000 ai 200.000 affezionati.
Dunque il risultato ottenuto dalle sardine è stato ben misero, e solo la disinvolta efficienza del circo mediatico della Sinistra può gabellarlo per un successo.
Comprendere il motivo di tanta insistenza sul preteso bagno di folla è peraltro tutt’altro che complicato. La Sinistra è sempre stata ossessionata dal rapporto con quelle che una volta chiamava le “masse”, rispetto alle quali si poneva come guida e interprete per scuoterle dal naturale torpore e spronarle ai radiosi destini di solidarietà e uguaglianza. Il fatto che oggi si trovi in minoranza nel Paese  la spaventa e la sconvolge, tanto da convincerla a fare quadrato attorno a qualsiasi cosa le dia una speranza di invertire la marcia del consenso popolare, il quale si dirige inesorabile verso destra. Essere maggioranza nelle stanze e nei consessi che contano non la consola più di tanto, a causa del richiamo della foresta di questa ormai lontana vocazione popolare. Oggi questo qualcosa attorno a cui scavare trincee sono le sardine, povera cosa invero, ma che può sembrare un fenomeno politico significativo se Corriere e Repubblica gli regalano la prima pagina, attirando su di esso nugoli di interessati coccolatori.

E così le sardine a San Giovanni diventano una quadrata legione, anche se erano solo, al massimo, una legionella.

 

Alfonso Indelicato

Consigliere comunale indipendente a Saronno

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3 commenti su “Perché le “Sardine” non hanno futuro”

  1. Gaetano Fratangelo

    Gli slogan espressi dagli appartenenti al cosiddetto movimento, non spontaneo, delle sardine sono alla base di un atteggiamento sub culturale e quindi escluderei una presa di coscienza politica o una partecipazione emotiva. Infatti, il principio ispiratore è l’essere “anti Salvini” e non credo che tale tipo di odio crei problemi psicologici di “coabitazione” con un fantomatico amore per l’immigrato, per l’ambiente o altro. Sono posticce costruzioni mentali che non hanno una base culturale o un progetto politico che li colleghi e quindi non credo che si sviluppino conflitti interiori: parole troppo grosse per dei burattini.

  2. La prospettiva psichiatrica non regge. Sul piano della semiotica, applicata alla lettura e all’interpretazione dei segni, ci troviamo in una discussione culturale alla pari. La sua, e quella di tutti seguaci delle sardine. Da qui, non c’è pragmatismo che tenga, siamo nella solita consistente prassi culturale, in cui la prospettiva con cui si guarda, trae origine da una dimensione culturale personale, tra capacità cognitive ed emotive individuali. Da qui, il dilemma è che tutti hanno ragione e nessuno a ragione. Nel senso che la ragione è dalla sua parte, se accettata la sua prospettiva di lettura, o dall’altra, se la domanda e la risposta fosse di “una sardina”. Per dire che non c’è alcuna possibilità che un movimento spontaneo di quelle dimensioni abbia Euro a sufficienza per la gestione di quel fenomeno organizzativo. Che poi sia giusto o sbagliato, dipende da noi. Per me, è sbagliato, perchè spacciato per autentico e naturale, e non lo è. E si ricomincia da capo.

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