San Giuseppe Patrono universale della Chiesa cattolica

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Consideriamo le parole e i gesti dei Sommi Pontefici riguardo il culto a san Giuseppe, mettendo in luce quali siano state, in loro, le ragioni per una pub­blica celebrazione della grandezza di san Giuseppe nella Chiesa cattolica e per un caldo invito alla devozione. Fu Pio IX che estese a tutta la Chiesa la festa del Patro­cinio di san Giuseppe, già festa particolare dei carme­litani; introdusse inoltre il nome nelle litanie dei Santi.

Dopo di lui Leone XIII diede impulso al culto della S. Famiglia e vi mise accanto la questione ope­raia, la questione del lavoro, quanto è più vicino alla vita, con particolare riguardo a quelle famiglie che non posseggono risorse o capitali da parte, e che devono pensare, con la fatica incessante, al pane quo­tidiano.

Nel secolo XX fu Pio XII che approfondì il rap­porto tra il mondo del lavoro dichiarando: «san Giu­seppe, protettore speciale di tutti coloro i quali lavo­rano per vivere e per far vivere una famiglia, vi insegni a trovare Gesù in voi, ove è presente con la sua grazia santificante; e a farvi custodi di lui presso quelli che amate».

E facendo brillare la funzione importante di lavo­ratore, Giovanni XXIII aggiunse: «Fin dalle origini delle A.C.L.I. (11 marzo 1945) Pio XII pose queste associazioni sotto il patrocinio del Santo: Nessun lavoratore è stato mai così perfettamente e profondamente penetrato dello spirito evangelico, come colui che visse nella più stretta intimità e comunanza di famiglia e di lavoro, il suo Padre putativo, san Giuseppe.

Chi conosce la storia della Chiesa non può dubi­tare che i decreti e documenti più importanti per zelare il culto a san Giuseppe, prima del Concilio Vati­cano II, iniziano sotto Pio IX con la solenne dichia­razione del Patrono della Chiesa (8 dicembre 1870, alla quale segue il Breve Inclytum Patriarcham del 7 luglio 1871).

In questo testo (abbreviato) si legge: «La Chiesa Cattolica giustamente tributa grande culto e venera con intimo affetto di pietà l’inclito Patriarca san Giuseppe che, sopra tutti gli altri Santi, Dio onnipotente volle che sulla terra fosse in realtà Sposo purissimo della Vergine Immacolata Maria e Padre putativo del suo unigenito Figlio Gesù Cristo, arricchendolo perciò e ricolmandolo di singolarissime grazie, affinché potesse compiere con ogni perfezione uffici tanto sublimi, coronandolo poi in cielo di onore e gloria.

I Pontefici romani, Nostri Predecessori, per accre­scere e stimolare sempre più nel cuore dei fedeli la devozione e la pietà verso il Santo Patriarca, e per spingerli a ricorrere con la più grande confidenza alla sua intercessione presso Dio, non omisero, ogni volta che se ne offriva l’occasione, di decretargli nuovi e sempre maggiori segni di culto pubblico.

Basti ricordare, tra essi, Sisto IV,… Clemente X,… Clemente XI,… e Benedetto XIII… Noi stessi, dopo che fummo, per investigabile volontà di Dio, chiamati alla Cattedra di Pietro, mossi sia dagli esempi dei Nostri Predecessori, sia dalla singolare devozione che fin dal­l’infanzia portiamo al Santo Patriarca, per decreto del 10 settembre 1867, con Nostra grande gioia esten­demmo a tutta la Chiesa con rito doppio di II classe la festa del suo Patrocinio, già celebrata per indulto della Santa Sede in alcuni posti. Ma, in questi ultimi tempi, nei quali fu mossa alla Chiesa un’immane e ver­gognosissima guerra, la devozione dei fedeli verso san Giuseppe è cresciuta e ha fatto tali progressi che, da ogni parte sono giunte a Noi innumerevoli e fervidis­sime domande, rinnovate ora, durante il sacro Concilio ecumenico Vaticano da ogni ceto di fedeli e, ciò che più conta, da molti Nostri venerabili fratelli Cardinali e Vescovi, nelle quali si chiedeva che al fine di allonta­nare tutti i mali che ci turbano in questi luttuosi tempi, fosse invocata più efficacemente la divina misericordia per i meriti e l’intercessione di san Giuseppe, dichia­randolo Patrono della Chiesa Cattolica …».

Pio IX è seguito da Leone XIII, un uomo di grande sapienza e di profonda pietà, un Papa certa­mente mariano, ma altrettanto giuseppino, anzi giu­seppino perché mariano. Vescovo di Perugia dal 1846, anno dell’elezione di Pio IX, ne assorbì la devozione verso san Giuseppe durante tutto il lungo pontifi­cato e la sviluppò a sua volta come suo successore per altri 25 anni. Già nella prima allocuzione al collegio dei Cardinali (28 marzo 1878) poneva il suo pontifi­cato sotto «La potentissima protezione di san Giu­seppe, celeste patrono della Chiesa», e nella Lettera apostolica Militans Jesu Christi Ecclesia (12 marzo 1881) affidava a san Giuseppe il Giubileo straordinario da iniziarsi proprio il giorno della sua festa.

Considerata l’importanza delle encicliche, non è senza significato che in esse il Papa invochi san Giu­seppe, subito dopo l’intercessione di Maria. Così tro­viamo nelle encicliche Inscrittibili Dei consilio (21 aprile 1878), Quoad Apostolici muneris (28 dicembre 1878), Aeterni Patris (4 agosto 1879), Sancta Dei Civitas (3 dicembre 1880), Diuturnum (29 giugno 1881), Etsinos (15 febbraio 1882), Humanum Genus (20 aprile 1884). Anche nell’enciclica Rerum novarum (1891), san Giu­seppe è presente come colui che qualifica umanamente Gesù, il quale «benché Dio, ha voluto essere conside­rato figlio di operaio (Mc 6,3)». Rilevanti sono i super­lativi che definiscono san Giuseppe: beatissimo, castis­simo, purissimo, santissimo, gloriosissimo, immacolato.

Egli inserisce il nome del «beato Giuseppe» nella preghiera «Deus, refugium nostrum et virtus» da reci­tarsi dopo la Santa Messa (6 gennaio 1883); approva la recita dell’Ufficio votivo di san Giuseppe al mer­coledì (1883) e stabilisce, inoltre, il 3 marzo 1891, che la festa di san Giuseppe sia di doppio precetto per il Piemonte, la Sardegna e la Lombardia. Durante il suo pontificato sorgono numerosissime Congregazioni religiose dedicate a san Giuseppe o alla santa Fami­glia; ben cinque sono le incoronazioni di immagini di san Giuseppe fatte nel mondo a suo nome; nel 1888, viene costruito, nella basilica di san Pietro, il prezioso altare di san Giuseppe, che si trova nella cappella delle Reliquie, purtroppo oggi non accessibile.

L’intervento, tuttavia, più importante nella storia del culto a san Giuseppe è l’enciclica Quamquam pluries (15 agosto 1889), un documento che mostra l’intimo legame che corre tra Maria e il suo sposo purissimo nella volontà di Dio e nella pietà dei fedeli. Riferendosi poi alla «nomina del beato Giuseppe al Concilio Vaticano I come Patrono della Chiesa», Leone XIII riassume «le particolari ragioni… che sono il suo essere sposo di Maria, testimone della sua verginità e tutore della sua illibatezza». Nei riguardi della Santa Famiglia, egli  fu custode legittimo e naturale difensor»: «Fu lui a tute­lare con amore e ansie continue la sua sposa e il figlio divino; fu lui che provvide al loro sostentamento con il suo lavoro; lui, che allontanò da loro i pericoli, li portò in salvo fuori di patria, e nei disagi dei viaggi e nelle dif­ficoltà dell’esilio fu loro compagno inseparabile, loro aiuto e conforto». Il passaggio dalla missione di san Giu­seppe nella vita di Gesù a quello nella vita della Chiesa, è naturale. La sua missione, infatti, non si esaurisce con la sua vita terrena, perché la sua «autorità di padre» si estende per volere di Dio a tutta la Chiesa. Poiché la santa Famiglia contiene «gli inizi della Chiesa nascente», perché Maria «è anche Madre di tutti i cristiani» e Gesù «è il primogenito», «Ne deriva che san Giuseppe ritiene come a lui stesso raccomandata la moltitudine dei cri­stiani, che formano la Chiesa… sulla quale egli, perché Sposo di Maria e Padre di Gesù Cristo, ha un’autorità pari a quella di un padre». Non è allora logico che san Giuseppe «ricopra ora e difenda con il suo patrocinio la Chiesa di Dio?» Di qui l’invito a tutti i cristiani «di qualsiasi condizione e stato» ad affidarsi e abbandonarsi all’amorosa protezione di san Giuseppe: i padri di fami­glia, i coniugi, i consacrati a Dio, i nobili, i ricchi, i poveri e gli operai» .

L’atteggiamento tanto favorevole al culto giusep­pino insegnato da Leone XIII, continua nel secolo XX, con Benedetto XV che lo intensifica con il Motu Pro­prio in commemorazione del 50° della dichiarazione di san Giuseppe a Patrono di tutta la Chiesa. «Se noi diamo uno sguardo a questi ultimi 50 anni, ci si para dinnanzi un mirabile rifiorimento di pie istituzioni, le quali attestano come il culto del Patriarca santis­simo sia venuto a mano a mano sviluppandosi tra i fedeli; che se poi consideriamo le odierne calamità ond’è afflitto il genere umano, appare ancora più evi­dente l’opportunità di intensificare un tal culto e di diffonderlo maggiormente in mezzo al popolo cri­stiano». È un aspetto essenziale della pietà. Per questo, «Noi con grande sollecitudine proponiamo loro in modo particolare san Giuseppe, perché lo seguano come speciale loro guida e lo onorino qual celeste Patrono…

Egli infatti visse una vita simile alla loro; tanto è vero che Gesù benedetto, mentre era l’Unigenito dell’Eterno Padre, volle essere chiamato “il Figliuolo del Fabbro”. Ma quella umile e povera sua condizione di quali e quanto eccelse virtù egli seppe adornare! Di quelle virtù cioè che dovevano risplendere nello Sposo di Maria Immacolata e nel padre putativo di Gesù Cristo.

Col fiorire così della devozione dei fedeli verso san Giuseppe aumenterà insieme, per necessaria conse­guenza, il loro culto verso la S. Famiglia di Nazareth, di cui egli fu l’augusto Capo».

Sono parole formulate nell’anno 1920, poco dopo la guerra mondiale. Dopo la sua morte anche Pio XI, espri­mendo in diversi discorsi un affetto singolare per il grande Patrono della Chiesa, lo presenta come «un Santo che entra nella vita e la vita trascorre all’adempimento del più alto mandato divino, del mandato incompara­bile di vegliare sulla purezza di Maria, di custodire la divinità di Gesù Cristo, di tutelare, consapevole coope­ratore, il mistero, il segreto a tutti ignoto, fuorché alla Santissima Trinità, della Redenzione del genere umano. È nella grandezza di questo mandato che sta la singo­lare e assolutamente incomparabile santità di san Giu­seppe, perché veramente a nessun’altra anima, a nessun altro Santo, tale mandato fu affidato, e tra san Giuseppe e Dio non vediamo né possiamo vedere che Maria San­tissima con la Sua divina Maternità».

Questo mandato ha reso evidente il possedere la gloria di essere il Patrono della Chiesa: «È evidente che questo Santo, nell’altezza di tale mandato, già possedeva il titolo a quella gloria che è Sua, la gloria di Patrono della Chiesa Universale. Tutta la Chiesa infatti già era là presso di lui, rias­sunta come in germe già fecondo nell’umanità e nel Sangue di Gesù Cristo, tutta la Chiesa era là nella ver­ginale maternità di Maria Santissima, Madre di Gesù e Madre di tutti i fedeli che, ai piedi della Croce avrebbe ereditato nel Sangue del primo Suo Figlio Gesù. Così piccola alla vista degli occhi, ma così grande allo sguardo dello spirito, la Chiesa già era là presso san Giuseppe, quando egli già ne era, nella Santa Famiglia, il custode, il padre tutelare…

San Giuseppe, benedetto, è l’esempio veramente incomparabile di umiltà, di fedeltà, di obbedienza, di ogni più alta virtù nell’adempimento del divino mandato».

In un altro discorso il Papa vede una missione unica e grandiosa «nel custodire il Figlio di Dio, Re del mondo», custodire la verginità e la santità di Maria, e nell’essere chiamato a cooperare e a parte­cipare «al grande mistero nascosto» dell’Incarnazione divina e alla salvezza del genere umano.

La voce dei suddetti Sommi Pontefici che esaltano e chiamano Giuseppe Patrono della Chiesa, danno al mondo un’autorevole testimonianza della sua figura biblica, di santo e del significato della devozione che gli si deve. Dopo di loro, la dignità e l’esemplarità dello Sposo di Maria e padre putativo di Gesù, affiorano nei discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e in modo particolare in  san Giovanni Paolo II.

È soprattutto nella sua Esortazione apostolica Redemptoris Custos, in cui egli si ferma a considerare la «figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa». Il prezioso documento, pub­blicato il 15 agosto 1989, è diviso in sei capitoletti, di cui l’ultimo termina con: «Auspico vivamente che il presente ricordo della figura di Giuseppe rinnovi anche in noi gli accenti della preghiera che un secolo fa il mio predecessore raccomandò di innalzare a lui. È certo, infatti, che questa preghiera e la figura stessa di Giuseppe acqui­stano una rinnovata attualità per la Chiesa del nostro tempo, in relazione al nuovo millennio cristiano.

Il Concilio Vaticano II ha di nuovo sensibilizzato tutti alle “grandi cose di Dio”, a quell’economia della salvezza, della quale Giuseppe fu speciale ministro. Raccomandandoci, dunque, alla protezione di colui al quale Dio stesso “affidò la custodia dei suoi tesori più preziosi e più grandi”, impariamo al tempo stesso da lui a servire l’economia della salvezza. Che san Giu­seppe diventi per tutti un singolare maestro nel ser­vire la missione salvifica di Cristo, compito che nella chiesa spetta a ciascuno e a tutti: agli sposi e ai geni­tori, a coloro che vivono del lavoro delle propri mani o di ogni altro lavoro, alle persone chiamate alla vita contemplativa come a quelle chiamate all’apostolato.

L’uomo giusto, che portava in sé tutto il patrimonio dell’antica alleanza, è stato anche introdotto nell’inizio della nuova ed eterna alleanza in Gesù Cristo. Che egli ci indichi le vie di questa alleanza salvifica sulla soglia del prossimo millennio, nel quale deve perdurare e ulteriormente svilupparsi la “pienezza del tempo” ch’è propria del mistero ineffabile della incarnazione del Verbo.

Che san Giuseppe ottenga alla Chiesa e al mondo, come a ciascuno di noi, la benedizione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

Benedetto XVI, che di nome di battesimo faceva Giuseppe, benedisse nei giardini vaticani una statua del santo patriarca come protettore del Vaticano e di tutta la Chiesa cattolica e con il suo successore Francesco I il nome di san Giuseppe fu rimesso nel canone della celebrazione della Messa. Papa Francesco ha un riferimento a san Giuseppe nel suo stemma episcopale e pontificio ed ha una particolare devozione a “ san Giuseppe dormiente”, la cui statuetta è sulla sua scrivania nella sua camera da letto.

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