Svizzera – Una neutralità in discussione?

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Neutrale contro tutti: la Svizzera nelle guerre del ‘900“, un saggio utile da leggere (o rileggere)

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Nuotiamo in un bicchiere di ovvietà, ma sono bracciate necessarie. Apprendere i fatti e le lezioni della storia non significa berne acriticamente le teorie del pensiero unico imbottigliato, dissetarsi unicamente con le ricostruzioni ideologiche di quella storiografia cosiddetta ortodossa che snobba in quanto eretici i De Felice, i Pansa. Siate, prezzolinianamente, apoti. C’è chi giudica la neutralità un disvalore. C’è chi ritiene necessario sempre schierarsi: o di qua o di là, o con Tizio o con Caio. C’è chi vede il mondo in bianco e nero, angeli contro demoni, un nemico anche dove si appalesa semplicemente un avversario; per combatterlo è disposto a baciare perfino Giuda.

Storia antica, che pure ammorba l’Elvezia di oggi, con la fregola di mandare tutto in vacca, con la smania di consegnare armi e bagagli all’Ucraina. Serve conoscere per comprendere, per decidere, per deliberare.

Una fonte di conoscenza, un aiuto valido e prezioso, può rivelarsi “Neutrale contro tutti: la Svizzera nelle guerre del ‘900“, edizione italiana (Settecolori, 2007), nella traduzione di Maurizio Cabona, di un saggio del professore Jean-Jacques Langendorf: “La Suisse dans les tempêtes du XXe siècle”. Meriterebbe subito una ristampa, perché vi si trovano ragioni ed emozioni, storie e geografie, fatti e polemiche più o meno pretestuose su un passato che non passa e un’idea forte, non insipida, anzi sale, di comunità. “Garante dei particolarismi, la neutralità ne determina condizioni e limiti”, sottolineava l’ex presidente elvetico Georges-André Chevallaz nell’Introduzione al volume. Non omettendo di citarne le crisi, per situazioni facilmente ricostruibili, nel 1914-1918 e nel 1939-1945. “Politicamente e militarmente, la neutralità svizzera è stata quasi indiscutibile, ma non è stato lo stesso per la politica economica e finanziaria”.

Demolitori anche spietati e oppositori anche tarantolati alla scelta della non belligeranza, che confondere con l’indifferentismo o spacciare per menefreghismo sarebbe puerile oppure losco, non mancarono e non mancano. Scriveva Langendorf in apertura di libro: “Le nostre pagine sono all’insegna dell’adagio latino ‘Salus populi suprema lex’. Mostreremo che, in una situazione tanto inedita quanto pericolosa, le autorità civili e militari della Confederazione elvetica agirono come occorreva, senza derogare alle regole della neutralità, e che la salvezza della popolazione e del Paese è stata la legge suprema alla quale si sono adeguati. Per comprendere un momento storico e il suo contesto, spesso occorre risalire nel tempo”. Se per qualcuno “la neutralità svizzera durante la II guerra mondiale è stata un crimine”, ebbene, sentenziava in conclusione l’autore, “la brutalità, come pure la falsità, di questa asserzione deve ricordarci che la strada che conduce ad una visione più corretta, e più realista, delle cose è ancora lunga e difficile”. Meglio meditarci sopra anche adesso, mentre attorno trionfano ipocrisia e partigianeria, mentre i pacifisti di ieri si fanno mercanti di armi e di morte, mentre le mille bandiere dei mille arcobaleni sono diventate un’unica bandiera a due colori soltanto.

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