18 aprile 1948 – In Italia vincono libertà e civiltà – Ricordo di Luigi Gedda

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Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, l’avvocato Giovanni Formicola offre alla nostra memoria e riflessione questo ricordo di un 18 aprile di molti anni fa, che sancì l’ingresso del nostro Paese in un reale regime di democrazia e di libertà. Quella stessa di cui veniamo privati, ormai quotidianamente, da piccoli golpe successivi compiuti da quello che dovrebbe essere il garante della Costituzione, sotto vari pretesti, e dall’invasione di campo, ormai senza limiti né pudori da parte della casta della magistratura, onnipotente al di là di ogni controllo, nel campo della politica. Povero, sventurato Paese nato dal quel 18 aprile. Buona lettura.

 

Dimenticato. Soprattutto da chi ne ha beneficiato guadagnandosi una rendita politica pluridecennale, spesa e poi dissipata nel modo più indegno e infame. Il 18 aprile non è mai stato festeggiato, mentre tra sette giorni sarà di nuovo celebrato (per fortuna stancamente) il divisivo 25 aprile, da sempre matrice di violenze.

Per non dimenticare e provare a celebrare, da “Lo stradario ideale”di Maurizio Brunetti, un breve ritratto di Luigi GEDDA, l’artefice del 18 aprile 1948, quando l’Italia con un’insorgenza civile “elettorale” respinse il socialcomunismo che già a pochi metri dall’Italia, ai confini con Trieste, massacrava, impoveriva, imprigionava.

“Luigi Gedda, […] non è retorico affermare che ci troviamo dinanzi a un uomo dalla statura morale gigantesca.

“Nato a Venezia nel 1902, medico esperto di genetica e autorità internazionale nel campo della gemellologia, fu il principale artefice dei Comitati Civici fondati due mesi prima delle elezioni del 18 Aprile 1948. Fu grazie a questi che si riuscì a battere il Fronte Popolare guidato dal Partito Comunista Italiano. Non ci si può fare illusioni: l’Italia sarebbe oggi in compagnia dei paesi dell’Est a leccarsi le ferite dovute a vari decenni di regime comunista, se non fosse stato per quei cinque milioni di voti che si riversarono nel 1948 sulla DC grazie alla mobilitazione capillare del mondo cattolico da parte dei Comitati Civici di Luigi Gedda.

“Qualche lettore tra i più giovani, pur ammettendo di dovere forse a Gedda la libertà che ha oggi di leggere questo quotidiano, potrebbe storcere il naso scambiando Luigi Gedda per un connivente di quella cricca di potenti che nel corso di cinquanta anni non hanno neanche tentato di arginare né la scristianizzazione dell’Italia sancita emblematicamente dalla legalizzazione del divorzio e dell’aborto, né l’occupazione dei centri di potere culturale da parte della sinistra.

“No: Luigi Gedda rifiutò la candidatura al Senato che la DC volle offrirgli. Leggiamo dalle sue Memorie che gli sembrava «più opportuno guidare una struttura politica non partitica capace di garantire una efficiente presenza e controllo dei cattolici sulla moralità della vita politica».

“Come andò a finire? Molti esponenti democristiani – preoccupati per l’esistenza di uno strumento che avrebbe potuto ostacolare e controllare l’attività del partito – si diedero da fare per i ridurre i Comitati Civici a mero comitato pre-elettorale, di cui peraltro a partire dal 1954 la DC di Amintore Fanfani non sentì più la necessità.

“È illuminante la testimonianza di Luigi Gedda, che spiegava: «Fra i Comitati Civici e la DC c’era una divergenza di fondo». L’anticomunismo – imperativo morale per i primi – era ritenuto perdente dalla seconda: «La dirigenza DC credeva che il comunismo avrebbe ineluttabilmente conquistato il potere e che il problema era dunque quello di cercare fin da subito forme di coesistenza col futuro vincitore»”.

Una conferma da parte dei ripudiatori della grande vittoria del 18 aprile.

«Il modernismo non ha creato “ordini religiosi” ma un partito politico, la democrazia cristiana» (A. Gramsci, Quaderni del carcere, cit., vol. II, p. 1384), cioè, «modernismo significa politicamente democrazia cristiana» (ibid., p. 1305). «Il cattolicismo democratico fa ciò che il comunismo non potrebbe: amalgama, ordina, vivifica e si suicida. […] Perciò non fa paura ai socialisti l’avanzata impetuosa dei popolari […]. I popolari stanno ai socialisti come Kerensky [Alexander (1881-1970)] a Lenin» (A. Gramsci, I popolari, in L’Ordine Nuovo, anno I, n. 24, 1-11-1919in L’Ordine Nuovo. 1919-1920, Einaudi, Torino 1954, p. 286). Commento a questo giudizio di Gramsci è in un’intervista rilasciata dall’on. Ciriaco De Mita al Corriere della Sera (23-8-1999), nella quale l’autorevole esponente democristiano, facendo eco quasi letterale, non so quanto consapevolmente, alla tesi di un vecchio democristiano francese, Georges Bidault (1899-1983), dichiara che «quando gli storici si occuperanno di fatti e non solo di propaganda spiegheranno che il grande merito della DC è stato quello di avere educato un elettorato che era naturalmente su posizioni conservatrici se non reazionarie a concorrere alla crescita della democrazia. La DC prendeva i voti a destra e li trasferiva sul piano politico a sinistra». Qualche anno dopo, un noto intellettuale cattolico-democratico, il professor Pietro Scoppola (1926-2007), in un intervento a margine della trascrizione e pubblicazione del colloquio che aveva avuto nel 1984, insieme con Leopoldo Elia, con Giuseppe Dossetti e Giuseppe Lazzati, avrebbe ulteriormente – ed autorevolmente – confermato questa tesi sull’azione e l’identità politica autentiche della DC: «In sostanza, la Dc ha sempre raccolto un elettorato prevalentemente moderato, che è stato tuttavia coinvolto in una politica prevalentemente diretta (tranne alcune parentesi) ad un ampliamento verso sinistra delle basi di consenso alla democrazia e alla funzione di governo» (P. Scoppola, Dossetti dalla crisi della Democrazia cristiana alla riforma religiosa, in A colloquio con Dossetti e Lazzati, cit., pp. 115-135 [p. 132]).

Io non dimentico.

Salute a voi

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fonte: Stilum Curiae

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3 commenti su “18 aprile 1948 – In Italia vincono libertà e civiltà – Ricordo di Luigi Gedda”

  1. PAOLO DI GENOVA

    Per chi non l’avesse mai letto, suggerisco di leggere un episodio dei libri di Guareschi della serie Don Camillo, sempre attuali, intitolato “Tecnica di un colpo di stato” in cui i rossi di Brescello, alla vigilia di quella che loro credevano che sarebbe stata una grande vittoria del Fronte il 18 aprile 1948, preparano una lista di persone del posto da catturare subito dopo il voto quali nemici del popolo e fra loro c’è anche don Camillo. Poi il loro piano va a monte non appena sentono alla radio i risultati elettorali che a quel tempo non arrivavano subito (inizialmente credevano di avere vinto le elezioni).

  2. PAOLO DI GENOVA

    Comunque un contributo alla sconfitta dei rossi nel 1948 fu dato anche dal neonato MSI (nato il 26 dicembre del 1946 dalle ceneri della R.S.I.) che alle prime elezioni politiche riuscì ad entrare nel Parlamento (ove poi rimase sempre) con una piccola pattuglia di parlamentari fra cui Giorgio Almirante.

  3. Giorgio Desogus

    Tradotto: i leader democristiani hanno deliberatamente tradito gli elettori e gli ideali che a parole dicevano di sostenere. Distruggendo l’Italia. Credono di aver fatto una gran cosa, ma se non li hanno presi a calci gli elettori, sono finiti nel discredito generale e, abbandonati da Dio su questa terra, sono stati calpestati dagli uomini. Come il sale non salato del Vangelo. Fermo restando che del loro operato risponderanno al Creatore

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