Craxi: perseguitato, ma patriota

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Abbiamo da ieri un nuovo governo che, forse, a differenza degli ultimi esecutivi guidati da mercenari con lo scopo di impoverirci e schiavizzarci, potrà realmente operare per il bene dell’Italia. E ribadiamo “forse”. Proponiamo la rilettura di questo articolo di Luciano Garibaldi su Bettino Craxi (pubblicato il 25 ottobre 2020), uno dei pochi veri statisti tra tanti politici e politicanti. E rinnoviamo a Giorgia Meloni il nostro “in bocca al lupo”.

PD

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Craxi, perseguitato ma patriota

 

di Luciano Garibaldi

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Fu un convinto assertore della democrazia e sdoganò, dopo decenni di emarginazione politica, il Movimento Sociale Italiano. Forse, anche per questo pagò a caro prezzo il suo marginale coinvolgimento nell’operazione “Mani pulite”

 

Ragionando in termini storici, è giusto affermare che Bettino Craxi fu il primo capo di governo italiano a «sdoganare» politicamente il Movimento Sociale Italiano, riconoscendogli gli stessi diritti di tutti gli altri partiti democratici. E fu forse per questo che si fece tanti nemici a sinistra. Prima di lui, ci aveva provato il democristiano Tambroni, il cui governo, nel 1960, si reggeva grazie all’astensione dei deputati del MSI, e che fu poi pugnalato alle spalle dalla stessa DC, che gli rifiutò la solidarietà di cui aveva bisogno dopo i sanguinosi disordini di piazza organizzati dal Partito comunista nel giugno-luglio 1960.

La storia dello storico “sdoganamento” effettuato da Craxi è raccontata con dovizia di particolari da Massimo Pini, fondatore e direttore della SugarCo, per otto anni consigliere d’amministrazione della Rai, poi membro del comitato di presidenza dell’IRI, in un suo importante libro che ha per titolo «Craxi: una vita, un’era politica», edito da Mondadori.

Craxi, classe 1934, era stato eletto segretario del Psi il 16 luglio 1976, succedendo a Francesco De Martino. Appena 42enne, milanese di origini siciliane, delfino di Pietro Nenni, era da sempre un acceso sostenitore dell’autonomia del partito dal Pci e della fine dell’ipocrita e artificiale «socialcomunismo». Per più di dieci anni fu il vero protagonista della politica italiana anche sul piano internazionale, promuovendo la definitiva rottura con Mosca, il rilancio dell’economia, la riduzione dell’inflazione ai minimi storici, la piena collaborazione con la Democrazia Cristiana. Fatti incontrovertibili.

La sua vicenda politica iniziò con l’iscrizione al Psi nel 1951, a soli 17 anni d’età. Nel 1968 fu eletto deputato e nel 1983 si trovò a capo del primo governo italiano guidato da un socialista (resterà in carica fino al 1987, un primato superato solo da Berlusconi). Finché la sua brillante carriera s’infranse nel maremoto di «Mani Pulite», una sorta di febbre tropicale che travolse tutti i partiti (tranne, ovviamente, l’intoccabile PCI e l’estraneo MSI), col contorno di sedici suicidi in carcere e centinaia di innocenti perseguitati, imprigionati e completamente scagionati quando ormai la loro vita era stata rovinata per sempre. Nell’agosto 1993, ormai vittima di un vero e proprio linciaggio mediatico (un giornalista convinto di essere sempre il primo della classe lo ribattezzò «il cinghialone»), pronunciò alla Camera il suo ultimo discorso politico: un’autodifesa che fu in realtà – vista con gli occhi dello storico – una difesa della «Prima Repubblica». Dopodiché, gravemente ammalato, si ritirò nella sua casa di Hammamet, in Tunisia, dove morì il 19 gennaio 2000.

Dai contenuti e dai resoconti di innumerevoli colloqui privati con Craxi di cui è ricco il libro di Pini, traggo una frase pronunciata dall’ex leader socialista: «”Guai ai vinti”, dicevano gli antichi romani. Guai perché i vinti lo sono due volte, nella loro vita e dopo, perché la storia la scrivono sempre i vincitori. Ecco, sto cercando di combattere perché almeno la storia sia scritta in modo vero». Lo ha fatto per lui Massimo Pini, che ne fu l’amico sincero e il confidente, e stava accingendosi a scriverne con lui, a quattro mani, la biografia, quando il tempo mancò per la morte prematura di Craxi. «Chi mi difenderà quando non ci sarò più?», domandava afflitto, ormai su una sedia a rotelle, all’amico Pini. E Pini giurò a se stesso che avrebbe fatto luce su tante ingiustizie e tante calunnie. E anche su tante pagine ignorate ma fondamentali della storia d’Italia nel «decennio» craxiano. Come quella riguardante le consultazioni del 1983 e la legittimazione definitiva di Giorgio Almirante e del MSI.

Già una volta, prima del 1983, Craxi era stato sul punto di assumere la carica di presidente del Consiglio. Era avvenuto dopo le elezioni politiche del 1979 e la conclusione della drammatica legislatura segnata dall’offensiva sanguinaria del terrorismo di estrema sinistra. Andreotti, capo del governo, aveva rimesso l’incarico nelle mani del presidente Sandro Pertini, lasciandogli intendere che era giunto il momento di un presidente del Consiglio socialista. L’incontro tra Pertini e Craxi avvenne il 9 luglio 1979. I democristiani Cossiga e Forlani appoggiavano la nomina del giovane segretario socialista, ma la segreteria della DC (Zaccagnini) e il resto del partito cattolico non erano d’accordo. Fu a questo punto che Craxi fece capire chiaramente che era disposto ad appoggiare un nuovo governo DC purché guidato da Cossiga. Perché Cossiga e nessun altro? Così Massimo Pini ricostruisce i fatti:

«”Perché di me si fidava”, ricorda Cossiga, che all’epoca era presidente della Commissione Esteri della Camera. Egli peraltro ricambiava fin dal primo incontro con Craxi, avvenuto nel novembre 1978, durante la campagna elettorale in Trentino Alto Adige. “Quella persona mi ispirò simpatia e mi colpì per una non comune intelligenza politica e per un’immediatezza che tradiva una totale sincerità. Non era, né poi si rivelò ai miei occhi, un uomo che sapesse dissimulare”. L’apprezzamento del sardo Cossiga per il siculo-milanese Bettino era davvero ampio, al punto che a Craxi veniva riconosciuta la lealtà anche nell’affare Moro». E difatti, durante il sequestro di Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse, Craxi era stato l’unico ad essersi battuto per salvare la vita del presidente della DC, anche a costo di cedere al ricatto dei terroristi. Ma nel suo umanissimo tentativo era stato lasciato solo.

Il grande momento storico di Craxi, ricostruito nel capitolo «L’ora più bella» del libro di Massimo Pini, giunse nel 1983, l’anno delle elezioni politiche anticipate. «Le abbiamo chieste», dichiarò Craxi a «Le Monde», «per uscire da una grande confusione e gettare le basi di un programma da svolgere in parecchi anni, non necessariamente in una legislatura». Fu una campagna per la prima volta giocata più attraverso gli schermi televisivi che con i sistemi tradizionali dei comizi in piazza e della mobilitazione delle sezioni di partito. «Mentre la Rai», scrive in proposito Pini, «era obbligata, dalla Commissione parlamentare di vigilanza, a far passare i messaggi politici solo nelle piuttosto noiose Tribune elettorali, le televisioni di Silvio Berlusconi, Canale 5 e Italia 1, vendevano spazi per spot elettorali, e il Psi di Craxi se ne servì largamente».

Alle elezioni del giugno ‘83 il Psi passò dal 9,8 alll’11,4%, mentre la DC precipitava dal 38,3 al 32,9%. Il PCI si era fermato al 29,9%. Benché Craxi si fosse aspettato di più, l’aumento dei voti fu la carta vincente che spinse il presidente Pertini a conferirgli per la seconda volta l’incarico di formare il governo. E ciò malgrado tra i due non corresse buon sangue: intransigente e feroce, Pertini, nel suo antifascismo fuori tempo massimo, tollerante Craxi verso tutti i partiti con regolare cittadinanza democratica. Pini ricorda le parole di Craxi: «E’ vero, Sandro mi detesta. Però vuole passare alla storia come il Presidente che ha portato a Palazzo Chigi il primo socialista. Preferirebbe qualunque altro a me, ma purtroppo il solo socialista a cui può dare l’incarico sono io». E qui avvenne lo sdoganamento del MSI. Ancora dal libro di Pini: «Nel 1983 Craxi ripeté la procedura del 1979, con la sfilata delle delegazioni dei partiti davanti al presidente incaricato, nella sala riservata ai presidenti del Consiglio a Montecitorio: un fatto senza precedenti. Ma sensazionale fu la decisione di ammettere alle consultazioni il Movimento Sociale Italiano. In un’intervista a Gustavo Selva per il “Gazzettino”, il 27 aprile 1984, il segretario del MSI Giorgio Almirante ricorderà che “l’onorevole Craxi, di sua iniziativa, ebbe a dire testualmente che non aveva mai considerato  valida nei nostri confronti la politica dell’arco costituzionale, e che era suo intendimento abolire ogni ghettizzazione nei confronti di qualsivoglia forza politica presente in Parlamento”. Almirante ringraziò, prese atto e promise una “opposizione costruttiva”. Era stata così sfatata da Craxi la formula inventata da Ciriaco De Mita, che, emarginando la destra postfascista, favoriva obiettivamente i comunisti».

Ecco la dimostrazione – se ve ne fosse bisogno – che Craxi fu non solo un accorto politico (e basterebbe ricordare il Concordato con la Chiesa e l’episodio di orgoglio nazionale di Sigonella), ma un vero patriota. Esattamente come quei grandi personaggi del Risorgimento, Giuseppe Garibaldi in testa, cui di continuo si rifaceva. Arrivò anche la sua riabilitazione, sia pure in ritardo. Il 17 gennaio 2003, in occasione dell’inaugurazione della Fondazione Craxi ad Hammamet, il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini dichiarò: «Sono venuto ad onorare Bettino Craxi, che fa parte a pieno titolo della storia italiana del dopoguerra». L’anno seguente, toccò al presidente del Senato Renato Pera rendere omaggio alla tomba di Craxi. Significative rimangono le parole pronunciate da Craxi in punto di morte e trascritte da Pini: «Tornerò presto, ma non da vivo. Non rientro per farmi mettere agli arresti domiciliari perché sarebbe il riconoscimento della legittimità di “mani pulite”. La mia tesi è invece che “mani pulite” è stato solo un complotto».

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2 commenti su “Craxi: perseguitato, ma patriota”

  1. Craxi, o della serie “chi tocca i fili muore”, quando i fili sono gli interessi americani…Ricordiamo quando li toccò a Sigonella…( mi viene in mente la frase di Kissinger; gli americani non hanno amici o nemici per sempre, hanno solo interessi”)… Craxi , un vero patriota, non a parole….

  2. La signora Meloni, oltre a scegliere per palazzo Chigi un’Alfa Romeo al posto della tedesca Audi e oltre a cambiare il nome di qualche ministero, risponderà alle aspettative di chi l’ha votata? Rispetterà il giuramento di agire nell’esclusivo interesse degli italiani? Le cordialità con Draghi a suon di campanella introdurranno una svolta o una continuità? Nella speranza che l’ “in bocca al lupo” del Direttore non sia di già un fatto reale (cioè sia già in bocca a un famelico lupo), apprestiamoci a vedere le sue prossime mosse.

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