Crimini d’odio, in Scozia lo Stato di polizia Lgbt

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Dopo il pressing delle lobby Lgbt, l’1 aprile entreranno in vigore le nuove norme scozzesi contro i cosiddetti “crimini d’odio”. Chi difende la natura maschile-femminile e il matrimonio rischia in pratica una condanna fino a sette anni di carcere.

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di Luca Volontè

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Il prossimo 1 aprile entreranno in vigore le nuove norme scozzesi per contrastare i crimini d’odio. E purtroppo non saranno per nulla un “pesce d’aprile” per i credenti, le chiese e gli amanti della libertà di parola e di pensiero che, come tutti i cittadini scozzesi, sono nel mirino del nuovo Stato di polizia imposto dal premier islamico Humza Yousaf e richiesto dalle lobby Lgbt.

Tra sei giorni la nuova legge scozzese, che include un fumoso crimine di «istigazione all’odio» e dà maggiore protezione a persone e determinati gruppi minoritari, caratterizzati per l’età, la disabilità, la religione, l’orientamento sessuale e l’identità transgender, metterà in serio pericolo la libertà religiosa, quella di opinione, pensiero e persino quella di manifestazione.

Le disposizioni supplementari alla legge del 1986 sui reati contro l’odio razziale sono state approvate tre anni or sono dal Partito Nazionale Scozzese, su iniziativa dell’allora ministro della giustizia e ora primo ministro Yousaf, nella sua rincorsa a trasformare la Scozia in una nazione campionessa dei diritti Lgbt. Ma cos’è un “crimine d’odio” secondo la legge scozzese? Le definizioni sono generiche e si lascia di proposito, come nei casi delle recenti leggi in Canada e Hong Kong, un ampio margine alla discrezionalità di polizia e giudici. La polizia scozzese, nella propria guida interna, afferma che i crimini d’odio «sono comportamenti criminali e radicati nel pregiudizio»; questi comportamenti includono «minacce, abusi verbali o insulti, tra cui insulti, aggressioni, rapine e danni alla proprietà, come graffiti sui muri» di abitazioni, club e circoli.

Le nuove norme, pur essendo state approvate da tre anni, entreranno in vigore la prossima settimana, un “ritardo” necessario per consentire alla polizia di potersi preparare con cura nel farle rispettare. Il ministro per le vittime e la sicurezza della comunità, Siobhian Brown, ha dichiarato che pur «rispettando il diritto di tutti alla libertà di espressione, nessuno nella nostra società dovrebbe vivere nella paura» e si farà tutto il possibile per «dare alle vittime e ai testimoni la fiducia necessaria per denunciare i casi di crimini d’odio». La polizia attiverà entro l’1 aprile, in tutta la Scozia, diversi centri di segnalazione di terze parti: centri dove sarà possibile andare a “clipe” (termine scozzese per definire lo spiare o l’essere delatori) mantenendo l’anonimato.

Le preoccupazioni sono molteplici. Già i vescovi scozzesi nel 2020 avevano denunciato i rischi e a gennaio di quest’anno, dopo l’ulteriore decisione del governo di procedere anche con la punibilità delle «pratiche di conversione», li hanno ribaditi. L’opposizione alle nuove norme riunisce, oltre ai cattolici, anche gli evangelici del Christian Institute, gli atei e massoni della National Secular Society, il laicissimo Adam Smith Institute e molte altre organizzazioni, mentre solo la Chiesa di Scozia è rimasta sinora stranamente in silenzio.

Chi decide se un crimine è motivato da odio? Secondo l’interpretazione che ne dà la polizia, la vittima del reato o qualsiasi altra persona che percepisce l’odiosità del reato, motivato in tutto o in parte da malizia o cattiva volontà nei confronti anche di un gruppo sociale, determina di per sé il «crimine d’odio». Si passa dunque dall’innocenza fino a prova contraria alla certezza della colpevolezza per percezione altrui. Non solo vescovi e predicatori, non solo scrittori come J.K. Rowling, ma tutti sono in pericolo in Scozia, chiunque difenda il matrimonio uomo-donna, la Bibbia o la sessualità biologica può rischiare sino a sette anni di carcere. Dal 1° aprile sarà un reato fomentare l’odio contro le persone che si identificano come trans ma non lo sarà invece contro maschi e femmine perché, in base a questa legge, non sono categorie protette. Il desiderio del premier Yousaf di imporre lo Stato di polizia si spinge in questi giorni a chiedere anche l’approvazione delle nuove norme sul divieto di preghiera fuori dalle cliniche abortiste e il carcere per gli oranti cristiani, in una deriva verso il baratro ormai inarrestabile.

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fonte: Nuova Bussola Quotidiana

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