Nell’anima del serial killer 

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Quella sera… proprio quella sera aveva deciso di pentirsi. Voleva finalmente cambiare vita. Passeggiava nell’imbrunire autunnale, quando il sole tiepido del giorno si arrende al fresco umido che strizza le ossa, la luce naturale si dilegua e l’artificiale ancora non la rimpiazza, lo spirito si chiude nella malinconia e l’intimo dell’uomo si apre all’esame di coscienza.

Michael Catone, italoamericano sessantacinquenne, procedeva a passi gravi sul marciapiede, nella periferia della grande città in Italia settentrionale. Nessuno dei passanti svagati che incrociava, tutti con la fregola del ritorno a casa dalla professione quotidiana oppure dell’ultima compera, gli prestava attenzione, tantomeno sospettava chi fosse: un nido di rancore e cattiveria per chissà quante molestie familiari e sociali patite in fanciullezza. Certo, a guardare bene oltre la polo nera a manica lunga, i calzoni beige con risvolto e i mocassini scuri, la figura tarchiata, lo sguardo malvagio, il fisico da rugbista con il collo taurino e le spalle da Maciste, la lunga cicatrice sulla tempia avrebbero potuto suscitare un qualche timore. Poco altro, tuttavia, ignorando la vera identità del soggetto. Si trattava del famigerato “macellaio di Boston”, come raccontavano su internet.

A vent’anni un matrimonio religioso lo aveva unito “finché morte non ci separi” a Katie Pursuit, donnina coetanea esile e riccioluta: amorevoli, attraenti riccetti biondi. Morte? Ecco il destino sventurato dell’innocente moglie, la sua prima vittima. Ne erano seguite altre diciotto: Ella, Agnes, Dolores, Irina, Louise, Angela, Gabriela… Tutte femmine, ventenni, magroline, bionde, ricce, però con nazionalità differenti. Tragiche reiterazioni del debutto criminale. Meglio lasciare l’esclusiva ai tabloid suI campionario di sevizie sadiche inflitte alle donne da Michael. Le polizie del mondo lo cercavano invano da quasi mezzo secolo. Indizi, tracce, testimonianze, segnalazioni, mandati di cattura internazionali non avevano portato a lui. Che quella sera… quella sera voleva sgravarsi dal peso. Si sarebbe presentato alla stazione dei Carabinieri aperta nel quartiere e avrebbe ammesso ogni delitto (ricordava precisamente nomi, volti, lamenti, implorazioni), ogni dettaglio macabro. Sentiva giunta l’ora della trasformazione, percepiva il tempo della conversione, desiderava il momento del riconoscimento di colpa, del processo da subire, del prezzo da pagare. Rimuginava l’idea della svolta esistenziale, perfino di mettersi al servizio del prossimo e del bene.

Andava convincendosene con forza sempre maggiore quando si trovò davanti a una chiesa. Caso fortuito? Provvidenza? Squadrò l’architettura modernista, gli spigoli e le pieghe, il cemento armato e l’acciaio intervallati da un’arlecchinata di vetrini colorati. Pensò che avrebbe addirittura potuto, anzi dovuto confessarsi. Tentò di spingere il portone d’ingresso. Chiuso. Indietreggiò, con una punta di amarezza e sconforto. Soltanto allora si avvide dello striscione gigantesco appeso poco sotto il frontone. Copriva la croce della facciata. Catechizzava, a lettere di scatola: “Dio ti ama così come sei“. Un lampo, un tuono; dentro la mente, dentro il cuore. Il fulmine bastò per restituirgli la vecchia tempra, modificargli il sentimento, irrigidirgli l’anima. Prese atto dell’annuncio, clamoroso. Drizzò la schiena, gonfiò il petto, emise un ghigno demoniaco, si mosse con falcata atletica. Alla ricerca… alla ricerca… alla ricerca della ventesima poveretta da straziare.

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2 commenti su “Nell’anima del serial killer ”

  1. Splendido articolo,
    Che dovrebbe essere fatto leggere a tutti i partecipanti del “sinodo sulla sinodalità”.
    P.S.: CREDO COMUNQUE CHE POCHI DI LORO NE CAPIREBBERO QUALCOSA!

  2. Certo, Dio ci ama sempre perché siamo sue creature, ma come siamo lo decidiamo noi e sovente non siamo come Egli vorrebbe. È per questo che ci ha dato i suoi Comandamenti e ci ha inviato Suo Figlio perché Lo seguissimo nel Suo santo insegnamento. Oggi è San Matteo, il discepolo che Gesù guardò con amore e a cui disse “seguimi”, ma “seguimi abbandonando la vita di prima”, cioè convertendosi. Dio, nella Sua Giustizia, non può aprirci le braccia se ci ostiniamo nei nostri errori, sarebbe un dio insignificante e privo di ogni prospettiva di bene.
    Lo dicano i pastori nelle loro prediche e smettano di ingannare e di sviare la gente.

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