Storie di Uomini italiani – Salvatore Rap

 

Guardo tanti giovani d’oggi, con la testa incastrata nello smartphone, o il corpo coperto di tatuaggi come i selvaggi, o lo “sballo”, o le aspirazioni a comparire al “grande fratello”… o tutte queste cose assieme. Guardo una gioventù, che non per sua colpa, ma per i pessimi maestri che ha, cammina a caso, senza una meta e senza ideali. Già da anni le ispezioni con i cani-antidroga vengono fatte anche nelle scuole medie. Guardo i giovani che, soffrendo di gravi patologie, sfilano seminudi negli osceni “gay-pride”… E vogliamo andare avanti?

Mi hanno detto che è il progresso. Io direi che è qualcos’altro, è la distruzione e il tradimento della gioventù, che viene istruita per essere tutta uguale, tutta rincretinita, tutta ben irreggimentata. Tutta morta.

Guardo con tristezza questi giovani e mi viene in mente un giovane di tanti anni fa, un nome caduto purtroppo nell’oblio. Un giovane che è un grande esempio.

Salvatore Rap, nato a Sommatino, piccolo comune siciliano, il 30 settembre 1924, morto a Milano il 22 aprile 1946. Causa della morte: ferite da armi da fuoco.

Salvatore Rap era un Agente di Custodia, apparteneva a quel Corpo, allora militare, che oggi si chiama Polizia Penitenziaria.

21 aprile 1946. Pasqua di Resurrezione. Milano si stava ancora risollevando dai terribili disastri della guerra. Disordine, miseria e malavita, insieme a tanta volontà di vivere e di lavorare. Le autorità gestivano quello che era ancora un caos, le Forze dell’Ordine erano ancora disorganizzate e povere di mezzi.

Il carcere di San Vittore era una polveriera. Ospitava oltre tremila detenuti, contro una capienza di 850 posti. Molte celle mancavano di serrature e i detenuti circolavano liberamente all’interno del carcere. Intervistato per un quotidiano, il direttore, alla domanda “E’ sicuro che i detenuti non abbiano armi?”, aveva risposto che nella situazione in cui si trovavano “Un controllo vero e proprio del carcere non era possibile”.

San Vittore era un polveriera, ed esplose nel tardo mattino del giorno di Pasqua 1946. Dopo la celebrazione della S. Messa un gruppo di detenuti, armati, riuscì a sequestrare una ventina di persone, tra Agenti di Custodia e due commissari di polizia. La prima scintilla diventò un incendio e altri detenuti, a centinaia, uscirono dalle celle e, armi in pugno, si precipitarono nel cortile principale, sparando all’impazzata. Si dirigevano in massa verso il portone principale di Largo Filangeri. Se avessero superato quella barriera, Milano sarebbe stata invasa da migliaia di delinquenti di tutte le risme.

Salvatore Rap, anni ventuno, Agente di Custodia in prova, non era in servizio, ma si trovava ancora all’interno del carcere. Senza perdere tempo, si armò di mitragliatrice e si mise a difesa del portone, obbligando la prima massa di detenuti a retrocedere. La sparatoria fu breve, ma durò il tempo sufficiente affinché un’autoblinda dei Carabinieri potesse, con la sua massa, chiudere il varco del portone e respingere definitivamente, con le armi di bordo, i rivoltosi all’interno del carcere.

L’evasione in massa era scongiurata, ma l’azione non era stata senza prezzo: a terra, colpito dai proiettili sparati dai detenuti in rivolta, giaceva Salvatore Rap. Trasportato all’Ospedale Policlinico, qui morì il giorno successivo.

La rivolta durò tre giorni. I detenuti chiedevano l’impossibile, la liberazione di tutti. Al terzo giorno di rivolta le Forze dell’Ordine, con il rinforzo di reparti dell’Esercito, espugnarono il carcere. Nell’azione fu usata anche l’artiglieria. Il bilancio finale fu tragico, con quattro morti e decine di feriti.

Il 27 settembre 1947 l’Agente Salvatore Rap fu insignito di Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria, con la seguente motivazione:

“Agente di Custodia in esperimento presso un importante carcere giudiziario, in occasione della ribellione di oltre tremila detenuti muniti di armi che minacciavano di forzare in massa l’uscita principale del carcere, armatosi di una mitragliatrice, riuscì a trattenere l’impeto dei ribelli con deciso fuoco della sua arma, che abbandonò soltanto allorché venne colpito da un proiettile che gli cagionò una ferita al petto per cui decedette tre giorni dopo dichiarandosi pago di aver compiuto a costo della vita il proprio dovere. Milano San Vittore 21 aprile 1946”

 

Questa è la storia dell’Agente di Custodia (in prova) Salvatore Rap, anni ventuno, che non esitò nell’affrontare una massa inferocita , e che, con il suo sacrificio, salvò Milano. Si comportò da Uomo. Ricordiamolo.

 

PS: Curiosità. La stampa dell’epoca (e anche molta pubblicistica successiva) attribuì al bandito Ezio Barbieri una responsabilità di capo della rivolta.  In verità la rivolta fu caratterizzata da subito da molte iniziative violente dei detenuti, scollegate tra di loro. Solo in seguito Barbieri avrebbe assunto una figura di “capo” ma, come egli poi disse in Tribunale, solo per “pacificare gli animi”. Bisogna tener conto che Barbieri era affetto da un inguaribile esibizionismo, che lo spinse anche a chiedere l’intervento, come mediatore, del Cardinale Schuster, e quindi è probabile che si fosse trovato in una situazione per lui imprevista, ma non avesse saputo resistere alla sua mania di essere al centro dell’attenzione.

Condividi questo articolo:

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Print

Lascia un commento:

3 commenti su “Storie di Uomini italiani – Salvatore Rap”

  1. IN UNA MANCIATA DI ANNI E’ FINITO IL MONDO DEL BUON SENSO, DELL’ONESTA’, DELL’EDUCAZIONE, DELLA CULTURA E DELLA SPIRITUALITA’. E’ GRAVE IL DISAGIO CHE NE PROVIENE. IL DOLORE, L’AMAREZZA…IL MONDO è MORTO.
    ma attenzione, la RESURREZIONE è VICINA ! QUANDO TORNEREMO A PENSARE ALLA PASQUA DI CRISTO SAPREMO CHE I TEMPI SONO MATURI PER LA VITTORIA. CORAGGIO.

  2. Grazie per aver segnalato questo eroico giovane, Vero Italiano.
    Ho conosciuto recentemente un agente di Polizia Penitenziaria in pensione da poco tempo. Una persona “vera”, profondamente “normale”.
    Mi trovavo non lontano da Sommatino

  3. Non si trovano mica più uomini di questo valore, eroi pronti a dare la propria vita per un senso di giustizia e di onore che al giorno d’oggi non appartengono quasi a nessuno.

I commenti sono chiusi.

Iscriviti alla nostra newsletter

Ogni settimana riceverai i nostri aggiornamenti e nulla di più.

Torna in alto